In questi anni di stravolgimenti la finanza mondiale si rileva nella sua più feroce natura predatoria. Mentre consolidate firme dell’economie crollano miseramente a causa delle avidità delle multinazionali e dei suoi apparati, altri predatori ancora in forze fanno scorpacciate di banche vendute al ribasso. La mappa della distribuzione del potere sta cambiando radicalmente, il capitalismo ultra liberista, promosso dai teorici della scuola di Chigaco, in cui Milton Freedman fu il porta bandiera, volge al suo epilogo, nel mezzo di una epocale svolta di portata storica.
Nel 1989 è imploso, per i suoi fallimenti, il comunismo. Adesso sta vivendo lo stesso destino il capitalismo. Solo che non si ha il coraggio di dirlo o non si permette di sottolinearlo, di farlo sapere e di porre riparo a questa deriva, perché se nò si perdono copie o punti di rating. A poco meno di 20 anni della caduta dell’impero sovietico e del comunismo, oggi assistiamo in diretta alla caduta del capitalismo di Wall Street. Contemporaneamente le potenze economiche emergenti come Cina, India, Russia ,Brasile e gli stati cosidetti non allineati, saldano tra loro alleanze strategiche ed economiche, ribadendo di fatto una nuova ed inattesa economia.
Un atteggiamento rotto recentemente soltanto da nazioni latinoamericane come il Brasile di Lula o l’Argentina dei Kirchner, che hanno semplicemente detto, a un cero momento, “Adesso pagheremo quando potremo farlo” e, in pochi anni l’hanno fatto, avvisando poi i funzionari dell’Fmi, ancora impegnati, come Totò quando cercava di vendere la Fontana di Trevi, a proporre a queste nazioni presunti affari e - soprattutto - altri prestiti: “Con voi il discorso è chiuso, non vogliamo più vedervi da queste parti”.
Si potrebbe dire che, mentre i dominatori sono invalidati da una emorragia di immane portata, sudditi, oppressi ed ex vassalli si organizzano per un eventuale cambio della guadia.
È chiaro che la crisi economica mondiale, causata dagli spregiudicati maneggi finanziari dell’economia neoliberale, ha spaventato e sollecitato un continente oggi in crescita dopo decenni di sofferenze e vessazioni di istituti come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale. Questi organismi hanno sempre lavorato per soddisfare solo le mire dei paesi più ricchi e potenti, tesi ad accaparrarsi le ricchezze di nazioni piene di risorse naturali ma condannate all’indigenza e alla repressione dalle logiche di prestiti “inumani e impagabili”, come li definì papa Giovanni Paolo II.
Anche se pervicacemente perfino l’informazione che fu progressista cerca pateticamente di dimostrare che il mercato metterà tutto a posto.
I nostri media sono arrivati al punto di sottolineare come notizia rassicurante quella che il Fondo monetario avrebbe intenzione di “aiutare” con un prestito la sofferente Italia di Monti. Dimenticano, però, che questo organismo, nato come la Banca mondiale a Bretton Woods [New Hampshire] nel 1944 per sovrintendere alla bilancia dei pagamenti fra stati dopo il fallimento del cosiddetto “Gold standard” [la convertibilità in oro di tutte le banconote circolanti, complice di un sistema che precipitò l’economia planetaria in due guerre mondiali] ha guadagnato una fama nefasta. La fama di aver annientato, a causa di debiti impagabili, tutte le nazioni dove, chissà perché, era stato richiesto il suo intervento.
Credo che in questo atteggiamento sia palese un grande equivoco: quello sulla capacità del modello politico neoliberale di salvare il mondo, o anche soltanto di tirarlo fuori dall’attuale corsa verso il nulla.
Come avrebbero potuto spiegare, infatti, dopo aver cantato senza ritegno le lodi dell’economia globalizzata e la favola del mercato che si autoregola, che queste realtà nascondono una cinica fregatura?
Nel 2008 nel programma delle nazioni unite per lo sviluppo riferisce che il 18% della popolazione mondiale (circa a 800 milioni di persone) dispone del 83% del reddito mondiale. Mentre l’82% (circa 5 miliardi di persone) si spartisce il restante 17%.
Sono numeri che nessun teorico della teoria dei sistemi può prevedere che il sistema regga. C’è da aggiungere che per quando riguarda all’uso e all’abuso delle risorse del pianeta Terra, i paesi ricchi consumano il 50% di energia, il 75% del metano e l’85% del legno. Il programma delle nazioni unite scrive che “l’estrema povertà potrebbe essere sradicata all’inizio del prossimo secolo con la spesa di 80 miliardi di $ l’anno, cioè meno del patrimonio netto accumulato dalle sette persone più ricche del mondo”.
In effetti le 10 persone più facoltose del mondo possiedono patrimoni di 133 miliardi di $, che equivalgono a 1,5 del reddito nazionale di 48 paesi meno fortunati. Sembra un bollettino di disfatta del capitalismo.
Si è parlato male del comunismo per decenni e nemmeno che sia addebitabile ai comunisti che hanno una funzione di freno delle magnifiche sorti progressiste. Gli Stati Uniti d’America come è noto non ci sono comunisti e bene, il programma delle nazioni unite riferisce che l'1% della popolazione possiede il 40% della ricchezza, il 20% ne possiede un altro 40% e il 79% il restante 20%.
A queste informazioni si aggiunge che nei paradisi californiani 1 bambino su 4 n nel 2020 sarà un bambino affamato. Altre stime valutano il 50% del territorio USA, come un eco sistema in pericolo. Questa situazione non riguarda solo i paesi poveri, ma riguarda anche noi. Se appena prestiamo attenzione a quelle agenzie specializzate (Moody’s, Standard & Poor's) che danno i voti del debito pubblico dei vari stati, mettendo in riga governi e amministrazioni che si vedono tagliati ulteriori fondi di credito, se a loro volta non tagliano le spese per programmi sociali. Se non aumentano le tasse ai cittadini, se non trasformano i debiti delle banche private delle imprese in debito a garanzia pubblica.
E’ evidente che una posizione del genere una democrazia non può andare oltre le scelte degli esecutori tecnicamente più capaci, nell’applicare i comandi del capitale finanziario che si muove a livello internazionale.
Per cui quando Marx diceva che i governi erano comitati di affari della grande borghesia, lui aveva torto solo per difetto.
Perché quello che allora era un cattivo costume, oggi è un sistema, anzi è il sistema. Per cui se nel mondo antico i debitori insolventi finivano ad essere degli schiavi, nel mondo del capitalismo globale interi stati vengono costretti a lavorare per conto delle grandi finanziarie.
In conclusione, dopo aver vinto la guerra di 70 anni contro il comunismo, il capitalismo comincia a mostrare il suo vero volto, che no è proprio quello del progresso che aveva scritto nel suo statuto. Infatti se questi dati se queste hanno un loro senso una loro veridicità, non sembra remoto lo spettro dell’inglorioso finale dell’esperimento umano. Sia per chi non ha da vivere, sia per i ben pasciuti. a cui non si riconosce altra dignità di imbrogliare diversi livelli di capitale.
I cataclismi umani che ha accentrato le guerre mondiali fra le potenze, alla fine del secolo, ancora mribollono nelle falde di una terra sommersa, regolata dalla sola accumulazione infinita e della competizione sfrenata. Il cui limite è l’artificio e tregua di guerra, nella più totale assenza di rispetto degli uomini e della natura. Infatti l’unica civiltà che si va diffondendo a discapito delle altre tradizioni e non, è la civiltà del profitto che pare sia l’unico ordine che deve regnare sulla Terra. Così come la partizione degli uomini, sia quelli affamati sia quelli sazi, devono rigorosamente assumere per avere diritto di cittadinanza.
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