lunedì 19 marzo 2012

Imprenditori falliti


Si vuole iniziare, dando un contributo al governo Monti. Mi sento qualificato al farlo perché qualsiasi mentecatto, imbecille può comprendere che le misure che stanno introducendo sul lavoro, il prof. Monti e la ministra Fornero, sono ingannevoli ed illusorie.
Contributo per fargli capire che l’economia reale e tutt’altra cosa, perché il mentecatto di prima sa molto bene cosa significa lavorare.
Il popolo italiano ha conquistato la sua posizione sociale partendo proprio dalle occupazioni più umili, mentre loro non ancora laureati, erano già titolari di una catterdra universitaria.
Il contributo si articola in tre punti:
  1. Il lavoro non si crea per decreto governativo, ma con un decreto lo si può distruggere, in questo negli ultimi 30 anni i nostri governi, compreso l’attuale, sono stati dei veri maestri.
  2. Il lavoro si crea con l’iniziativa dell’impreditore che investe il proprio denaro per avviare un impresa allo scopo di tranne un utile. Sgombriamo il campo da ogni equivoco, il lavoro non lo crea lo stato ne tanto meno il sindacato, ma solo ed unicamente l’imprenditoria.
  3. Il governo ha il compito di creare le condizioni perché un impresa possa nascere,  .crescere, svilupparsi e produrre utili.

Poiché nel nostro paese tale condizione non esiste e il governo non mostra alcuna intenzione di attuarla, in Italia non può e non può esserci lavoro.

Diciamo che il lavoro è nelle mani di due persone, Monti e la Fornero, che il lavoro non sanno nemmeno lontanamente che cosa sia. Questo pone qualche interrogativo sulla soluzione di questo governo sulla creazione del lavoro. Questo governo in definitiva ha puntato tutta la sua politica del lavoro, sul far diventare i disoccupati in piccoli imprenditori. Tale presupposto è una contraddizione, perché se ci si pensa bene è questo governo che ha massacrato la piccola imprendiotoria negli ultimi 20 anni. Lo si vede chiaramente dal decreto delle liberalizzazioni, ma si vede soprattutto, questo orientamento del governo, in quella che è di costruire una società a responsabilità limitata con un solo 1 € di capitale.
Condizione che il governo, sta lanciando un messaggio ai nostri giovani, che è possibile fare impresa senza capitale, cioè senza soldi. Perché questa nuova iniziativa di fare dei giovani tanti imprenditori, semplicemente perché hanno appena finito di massacrare i vecchi imprenditori.
Sappaimo benissimo che non passa giorno che un imprenditore si suicida. Si sucida, non a fronte di fatture false e quant’altro, ma non riesce più a rispettare gli impegni che ha, il fornitore non onora il pagamento, compreso lo stato e per tanto non riesce ha recuperare i compensi dovuti. Si sa benissimo che lo stato deve 90 miliardi di € agli imprenditori.
Il governo cosa vuole fare adesso, con questo ragionamento, che potrebbe anche trovare una giusta logica se l’Italia fosse un paese sano sotto il profilo economico. Invece di avere tanti dpendenti, proponiamo la libera imprenditorialità.
La proposta è grottesca. Come si fa a pensare ad una S.r.L. con capitale sociale di 1 €. Supponiamo che 4 ragazzi, 25 centesimi a testa, si presentano in banca, pur essendo brave persone ed oneste, chiedendo un prestito per poter lavorare, la banca gli fa un sorrisetto. Qual’è l’azienda di credito che per poter finanziarie un impresa ha per capitale sociale di 1 €.
L’unico finanziamento che questi ragazzi potranno attingere, sarà quello dei risparmi dei genitori, se ne avranno ancora.
La vera riforma del lavoro la sta facendo in questi giorni, la ministra Fornero. Personaggio, dal mio punto di vista interessante. Docile e comprensiva in diretta televisiva quando presenta agli italiani sacrifici da fare per uscire dalla crisi, con la riforma delle pensioni, tanto dura oggi da dire “O si è d’accordo con la riforma del lavoro, altrimenti proseguo da sola”.
Le aspettative che si erano create a fronte di questo governo, detto tecnico, stanno piano piano sciamando.
Detto questo, alla fine in che cosa si traduce tutto questo precipitarsi per le liberalizzazioni ed una riforma del lavoro. Quali sono allora le aspettative per i lavoratori giovani, e direi anche per i non giovani. In Italia non siamo in Germania che l’assunzione di persone, dai 45 ai 55 anni, ha portato un incremento produttivo del 6/7%, rispetto alla forza lavoro di un età inferiore. A questo punto c’è da domandarsi se la sola incentivazione dell’assunzione giovanile e meno giovani per creare posti di lavoro sia sufficiente. Assolutamente no! Assolutamente no, perché è necessario che si formi un tessuto per consentire nuova forza lavoro, bisogna quindi, mettere mano a determinate riforme, far scendere l’aliquota fiscale nei confronti dell’aziende, dare degli incentivi reali alle aziende per essere competitive nel mercato europeo e mondiale. Perché il vero motivo della non competitività delle aziende italiane non è il costo del lavoro, ma bensì oneri che soltanto le imprese italiane devono sostenere nei confronti delle imprese svizzere, tedesche, inglesi ecc, come benzina, gasolio, energia elettrica, tempi della giustizia civile, pubblica amministrazione,  aliquota sul profitto.
Lo stato italiano dovrebbe essere partecipe affinché riesca a dare un aiuto di sostanza alle imprese e di conseguenza creare nuovi posti di lavoro. Il governo Monti è in grado di fare questo? Una riforma così importante può essere lasciata in mano ad un governo tecnico? La strada che ha scelto questo governo, che ci hanno imposto, non porterà nemmeno ½ punto in più di nuovi posti di lavoro. Perché di fatto cosa succederà? I lavoratori che godranno di una fiscalità agevolata, andranno a sostituire contratti di lavoro più onerosi, con quest’ultimi licenziati. E’ logico che non si creerà posti di lavoro, ma semplicemente un ricambio di personale, se non addirittura una diminuzione.
Un altro punto meraviglioso, di questa riforma è l’abolizione della cassa integrazione straordinaria, con la sostituzione dell’indennità di disoccupazione. Cosa crea lavoro a questo punto? Nulla. Si verificherà soltanto un risparmio dello stato a discapito dei lavoratori e della situazione sociale, demolendo le poche certezze nei confronti dei disoccupati.
La sceneggiata che sta andando in scena sull’art. 18 è davvero incredibile, e sta cominciando ad essere una cosa veramente deplorevole.
Con tutti i prblemi che ha l’Italia, veri, concreti e preoccupanti conoscendoli bene sulla nostra pelle, andare a parlare di queste manfrine sull’art. 18 direi che è abbastanza irritante.
L’art. 18 sulla creazione dei posti di lavoro non c’entra assolutamente nulla. Per una ragione semplice, quando l’economia tirava in Italia negli anni 60, l’art. 18 non esisteva. Nessuno ne sentiva la necessità, in quanto uscivi dal lavoro la sera e la mattina dopo trovavi occupazione da un’altra parte. Oggi che l’economia non tira l’art. 18 c’è, ma le imprese possono chiudere i stabilimenti, licenziare tutti e delocalizzare. Ai nostri sindacati, queste possibilità sfuggono leggermente, tanto è vero che si sono saldati all’art. 18 come l’unica ancora di salvezza, perché siamo trasparenti e sinceri se l’art. 18 cade, questi sindacalisti a cosa servono?
In verità questo art. 18 è, e continua ad essere un enorme cassa di risonanza del governo e della ministra Fornero, che ha consentito sostanzialmente di mascherare il vero problema, che è la totale mancanza occupazionale. Soprattutto il fatto che la ministra e il presidente del consiglio non sanno minimamente risolvere questa mancanza di lavoro. Il grosso della questione è che non hanno nemmeno la lungimiranza di ascoltare e di vedere se c’è qualcuno che può avere una qualsiasi idea, perché questi signori di idee non le hanno, se non quelle dettate dall’Europa di aumentare le tasse.
Il quesito è ancora un altro,  questi signori del governo sono al potere temporaneamente, almeno si spera, legiferano in questo modo che assolutamente non conoscono. Dopo di che torneranno ad occupare le loro cattedre o a primeggiare su aziende multinazionali, colpevoli senza giusta pena, di aver trasformato i giovani disoccupati ad 1 milione di imprenditori falliti.   

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