giovedì 29 marzo 2012

Troppa superficialità


A seguito della crisi finanziaria americana dei crediti e dei sub-prime e degli effetti che ci sono stati nel sistema, tutti gli stati (un poco meno l’Italia) sono intervenuti ad aumentare il debito pubblico enormemente. Tra questi paesi c’è stata la Grecia, che proprio utilizzando questi strumenti dei crediti, sub-prime e loro derivati degli Stati Uniti, erano riusciti a mascherare i loro conti pubblici. Quando hanno scoperto l’identità di questa operazione, l’Europa è entrata in crisi. Tutti gli stati, compreso l’Italia, hanno scoperto che il debito pubblico era di una valuta pressoché straniera, perché tale valuta/moneta non era stampata dallo stato italiano. L’Argentina a fatto il default, perché ad un certo punto ha dollarizzato il Pesos e le sue obbligazioni erano denominati in dollari. Quando sono giunti a scadenza, i dollari non li stampavano loro, se loro avessero stampato in Pesos, avrebbero stampato. E’ evidente che sarebbe venuto fuori l’inflazione ed il cambio del pesos che svuggiva.


Lo stesso discorso sarebbe avvenuto per l’Italia. Se l’Italia avesse denominato il proprio debito in Lire, come era denominato in Lire nel 2000, quando siamo entrati nell’Euro, avremmo stampato le Lire e rimborsato. E’ vero quello che dicono oggi alcuni politici, che sarebbe un dramma  con l’esplosione dell’inflazione per il nostro paese. Sarebbe un dramma, ma non saremmo insolventi. Con l’introduzione dell’Euro, per non essere insolventi l’Unione Europea ci strappa la sovranità fiscale, senza darci l’unione politica. Il quadro che si è determinato è abbastanza palese.
Qui non si tratta di vedere l’Europa come una religione, “O si forma l’Europa, oppure non siamo civili” o cose del genere, si tratta invece di costruire prima di tutto un unione politica europea, prima di costruire un Europa strettamente economica. L’intento europeista è quello di costruire una pace sociale, e la pace sociale si costruisce soltanto attraverso un unione politica, rispettando i diversi ruoli che ogni paese ha intrinsicamente. Dunque, il problema è che ad un certo punto l’Italia potrebbe entrare in una grande deflazione, non sapendo quale sia la capacità di sopportazione del nostro paese.
Non è auspicabile di essere sfiduciosi dell’economia italiana di reagire alle difficoltà del mercato, ma la domanda vera è se la società italiana, con 16 milioni di pensionati e 25 milioni di lavoratori, se può reggere questa situazione sul piano della “Democrazia”.
I gruppi dirigenti di un paese, che sono retti dalla Costituzione in uno stato sovrano ed eletti democraticamente, hanno il dovere, se non ci danno l’unione politica europea, di avere due strategie:
Soluzione A, di come stare in Europa
Soluzione B, di come uscire dall’Europa
A questo punto è fondamentale che il problema venga analizzato domandandoci quanto ci costa rimanere in Europa? Se ci costa troppo e valutiamo che i sacrifici sono troppo elevati e che quindi gli squilibri economici si trasferiscono alla società, il dovere di questi signori è far scattare la Soluzione B.
Anche se esci dall’Euro, che significa anche uscire dall’Europa, si deve tener ben presente quanto ti costa, perché ci sarà inevitabilmente un costo. Il costo che l’Italia deve pagare nella Soluzione A stando in Europa, non lo sa e non recupera nemmeno il controllo del suo futuro, nella Soluzione B, l’Italia e soprattutto gli italiani, riacquista la possibilità di stampare la moneta, di fissare il tasso d’interesse, di intervenire su rapporto di cambio che non va e tutte le varie conseguenze, però recuperi uno strumento che si è sempre usato per stare i equilibrio.
Questo è il ragionamento che si dovrebbe, a mio avviso, sostenere in Italia. Inutile e dannoso continuare a parlare di liberalizzazioni, riforma del lavoro, pareggio di bilancio ecc.
Se questi signori, che hanno e che occupano il Parlamento Italiano, non hanno la capacità e l’intelletto, per prendere queste decisioni, non ci rimane altro che rivolgerci al popolo italiano tramite Referendum.
Siamo andati al trattato di Maastricht e l’abbiamo firmato, abbiamo fatto il patto di stabilità, abbiamo approvato tutte le norme che sono state legiferate dall’Europa, ci accingiamo ad approvare un “Pareggio di Bilancio” in Costituzione, non essendoci stato un referendum, noi abbiamo cambiato la costituzione economica e sociale del paese con un atti illeggittimi e fraudolenti. La politica italiana e gli attori principali che hanno contribuito a tale situazione si sono mossi con TROPPA SUPERFICIALITA’ e i gruppi dirigenti non hanno tutelato minimamente gli interessi dei loro cittadini italiani. Gruppi dirigenti che non sono solo politici, ma professori universitari, gli imprenditori, i sindacalisti. L’Italia è entrata in Europa con troppa superficialità, e quando si è scoperto che tutti i nostri debiti erano in valuta straniera, perdendo la sovranità fiscale, senza avere l’unione politica europea e le garanzie democratiche, che accompagnano un paese alla rinuncia della sovranità, che almeno si apra un dibattito e non si rimanga in una religione europea sbilanciata sul lato economico.

A seguito della crisi finanziaria americana dei crediti e dei sub-prime e degli effetti che ci sono stati nel sistema, tutti gli stati (un poco meno l’Italia) sono intervenuti ad aumentare il debito pubblico enormemente. Tra questi paesi c’è stata la Grecia, che proprio utilizzando questi strumenti dei crediti, sub-prime e loro derivati degli Stati Uniti, erano riusciti a mascherare i loro conti pubblici. Quando hanno scoperto l’identità di questa operazione, l’Europa è entrata in crisi. Tutti gli stati, compreso l’Italia, hanno scoperto che il debito pubblico era di una valuta pressoché straniera, perché tale valuta/moneta non era stampata dallo stato italiano. L’Argentina a fatto il default, perché ad un certo punto ha dollarizzato il Pesos e le sue obbligazioni erano denominati in dollari. Quando sono giunti a scadenza, i dollari non li stampavano loro, se loro avessero stampato in Pesos, avrebbero stampato. E’ evidente che sarebbe venuto fuori l’inflazione ed il cambio del pesos che svuggiva.


Lo stesso discorso sarebbe avvenuto per l’Italia. Se l’Italia avesse denominato il proprio debito in Lire, come era denominato in Lire nel 2000, quando siamo entrati nell’Euro, avremmo stampato le Lire e rimborsato. E’ vero quello che dicono oggi alcuni politici, che sarebbe un dramma  con l’esplosione dell’inflazione per il nostro paese. Sarebbe un dramma, ma non saremmo insolventi. Con l’introduzione dell’Euro, per non essere insolventi l’Unione Europea ci strappa la sovranità fiscale, senza darci l’unione politica. Il quadro che si è determinato è abbastanza palese.
Qui non si tratta di vedere l’Europa come una religione, “O si forma l’Europa, oppure non siamo civili” o cose del genere, si tratta invece di costruire prima di tutto un unione politica europea, prima di costruire un Europa strettamente economica. L’intento europeista è quello di costruire una pace sociale, e la pace sociale si costruisce soltanto attraverso un unione politica, rispettando i diversi ruoli che ogni paese ha intrinsicamente. Dunque, il problema è che ad un certo punto l’Italia potrebbe entrare in una grande deflazione, non sapendo quale sia la capacità di sopportazione del nostro paese.
Non è auspicabile di essere sfiduciosi dell’economia italiana di reagire alle difficoltà del mercato, ma la domanda vera è se la società italiana, con 16 milioni di pensionati e 25 milioni di lavoratori, se può reggere questa situazione sul piano della “Democrazia”.
I gruppi dirigenti di un paese, che sono retti dalla Costituzione in uno stato sovrano ed eletti democraticamente, hanno il dovere, se non ci danno l’unione politica europea, di avere due strategie:
Soluzione A, di come stare in Europa
Soluzione B, di come uscire dall’Europa
A questo punto è fondamentale che il problema venga analizzato domandandoci quanto ci costa rimanere in Europa? Se ci costa troppo e valutiamo che i sacrifici sono troppo elevati e che quindi gli squilibri economici si trasferiscono alla società, il dovere di questi signori è far scattare la Soluzione B.
Anche se esci dall’Euro, che significa anche uscire dall’Europa, si deve tener ben presente quanto ti costa, perché ci sarà inevitabilmente un costo. Il costo che l’Italia deve pagare nella Soluzione A stando in Europa, non lo sa e non recupera nemmeno il controllo del suo futuro, nella Soluzione B, l’Italia e soprattutto gli italiani, riacquista la possibilità di stampare la moneta, di fissare il tasso d’interesse, di intervenire su rapporto di cambio che non va e tutte le varie conseguenze, però recuperi uno strumento che si è sempre usato per stare i equilibrio.
Questo è il ragionamento che si dovrebbe, a mio avviso, sostenere in Italia. Inutile e dannoso continuare a parlare di liberalizzazioni, riforma del lavoro, pareggio di bilancio ecc.
Se questi signori, che hanno e che occupano il Parlamento Italiano, non hanno la capacità e l’intelletto, per prendere queste decisioni, non ci rimane altro che rivolgerci al popolo italiano tramite Referendum.
Siamo andati al trattato di Maastricht e l’abbiamo firmato, abbiamo fatto il patto di stabilità, abbiamo approvato tutte le norme che sono state legiferate dall’Europa, ci accingiamo ad approvare un “Pareggio di Bilancio” in Costituzione, non essendoci stato un referendum, noi abbiamo cambiato la costituzione economica e sociale del paese con un atti illeggittimi e fraudolenti. La politica italiana e gli attori principali che hanno contribuito a tale situazione si sono mossi con TROPPA SUPERFICIALITA’ e i gruppi dirigenti non hanno tutelato minimamente gli interessi dei loro cittadini italiani. Gruppi dirigenti che non sono solo politici, ma professori universitari, gli imprenditori, i sindacalisti. L’Italia è entrata in Europa con troppa superficialità, e quando si è scoperto che tutti i nostri debiti erano in valuta straniera, perdendo la sovranità fiscale, senza avere l’unione politica europea e le garanzie democratiche, che accompagnano un paese alla rinuncia della sovranità, che almeno si apra un dibattito e non si rimanga in una religione europea sbilanciata sul lato economico.

A seguito della crisi finanziaria americana dei crediti e dei sub-prime e degli effetti che ci sono stati nel sistema, tutti gli stati (un poco meno l’Italia) sono intervenuti ad aumentare il debito pubblico enormemente. Tra questi paesi c’è stata la Grecia, che proprio utilizzando questi strumenti dei crediti, sub-prime e loro derivati degli Stati Uniti, erano riusciti a mascherare i loro conti pubblici. Quando hanno scoperto l’identità di questa operazione, l’Europa è entrata in crisi. Tutti gli stati, compreso l’Italia, hanno scoperto che il debito pubblico era di una valuta pressoché straniera, perché tale valuta/moneta non era stampata dallo stato italiano. L’Argentina a fatto il default, perché ad un certo punto ha dollarizzato il Pesos e le sue obbligazioni erano denominati in dollari. Quando sono giunti a scadenza, i dollari non li stampavano loro, se loro avessero stampato in Pesos, avrebbero stampato. E’ evidente che sarebbe venuto fuori l’inflazione ed il cambio del pesos che svuggiva.

Lo stesso discorso sarebbe avvenuto per l’Italia. Se l’Italia avesse denominato il proprio debito in Lire, come era denominato in Lire nel 2000, quando siamo entrati nell’Euro, avremmo stampato le Lire e rimborsato. E’ vero quello che dicono oggi alcuni politici, che sarebbe un dramma  con l’esplosione dell’inflazione per il nostro paese. Sarebbe un dramma, ma non saremmo insolventi. Con l’introduzione dell’Euro, per non essere insolventi l’Unione Europea ci strappa la sovranità fiscale, senza darci l’unione politica. Il quadro che si è determinato è abbastanza palese.
Qui non si tratta di vedere l’Europa come una religione, “O si forma l’Europa, oppure non siamo civili” o cose del genere, si tratta invece di costruire prima di tutto un unione politica europea, prima di costruire un Europa strettamente economica. L’intento europeista è quello di costruire una pace sociale, e la pace sociale si costruisce soltanto attraverso un unione politica, rispettando i diversi ruoli che ogni paese ha intrinsicamente. Dunque, il problema è che ad un certo punto l’Italia potrebbe entrare in una grande deflazione, non sapendo quale sia la capacità di sopportazione del nostro paese.
Non è auspicabile di essere sfiduciosi dell’economia italiana di reagire alle difficoltà del mercato, ma la domanda vera è se la società italiana, con 16 milioni di pensionati e 25 milioni di lavoratori, se può reggere questa situazione sul piano della “Democrazia”.
I gruppi dirigenti di un paese, che sono retti dalla Costituzione in uno stato sovrano ed eletti democraticamente, hanno il dovere, se non ci danno l’unione politica europea, di avere due strategie:
Soluzione A, di come stare in Europa
Soluzione B, di come uscire dall’Europa
A questo punto è fondamentale che il problema venga analizzato domandandoci quanto ci costa rimanere in Europa? Se ci costa troppo e valutiamo che i sacrifici sono troppo elevati e che quindi gli squilibri economici si trasferiscono alla società, il dovere di questi signori è far scattare la Soluzione B.
Anche se esci dall’Euro, che significa anche uscire dall’Europa, si deve tener ben presente quanto ti costa, perché ci sarà inevitabilmente un costo. Il costo che l’Italia deve pagare nella Soluzione A stando in Europa, non lo sa e non recupera nemmeno il controllo del suo futuro, nella Soluzione B, l’Italia e soprattutto gli italiani, riacquista la possibilità di stampare la moneta, di fissare il tasso d’interesse, di intervenire su rapporto di cambio che non va e tutte le varie conseguenze, però recuperi uno strumento che si è sempre usato per stare i equilibrio.
Questo è il ragionamento che si dovrebbe, a mio avviso, sostenere in Italia. Inutile e dannoso continuare a parlare di liberalizzazioni, riforma del lavoro, pareggio di bilancio ecc.
Se questi signori, che hanno e che occupano il Parlamento Italiano, non hanno la capacità e l’intelletto, per prendere queste decisioni, non ci rimane altro che rivolgerci al popolo italiano tramite Referendum.
Siamo andati al trattato di Maastricht e l’abbiamo firmato, abbiamo fatto il patto di stabilità, abbiamo approvato tutte le norme che sono state legiferate dall’Europa, ci accingiamo ad approvare un “Pareggio di Bilancio” in Costituzione, non essendoci stato un referendum, noi abbiamo cambiato la costituzione economica e sociale del paese con un atti illeggittimi e fraudolenti. La politica italiana e gli attori principali che hanno contribuito a tale situazione si sono mossi con TROPPA SUPERFICIALITA’ e i gruppi dirigenti non hanno tutelato minimamente gli interessi dei loro cittadini italiani. Gruppi dirigenti che non sono solo politici, ma professori universitari, gli imprenditori, i sindacalisti. L’Italia è entrata in Europa con troppa superficialità, e quando si è scoperto che tutti i nostri debiti erano in valuta straniera, perdendo la sovranità fiscale, senza avere l’unione politica europea e le garanzie democratiche, che accompagnano un paese alla rinuncia della sovranità, che almeno si apra un dibattito e non si rimanga in una religione europea sbilanciata sul lato economico.

giovedì 22 marzo 2012

Tutto previsto


Non ci sono le persone, non c’è l’uomo, non c’è la dignità umana. C’è solo ed esclusivamente il potere finanziario delle banche, organizzazioni super nazionali, contro le quali non ci resta altro che continuare ad affrontare e combattere. Per far capire esattamente cosa significa andare contro la Costituzione italiana soffermiamoci al primo articolo.

Per comprendere come si è arrivati a questo stato di cose partiamo dal 1992. La pacchia finisce proprio con la legge finanziaria dell’ottobre 1992 che da il via alla politica del rigore. Nel settembre di quell’anno la Lira è esposta agli assalti della speculazione internazionale e nel tentativo di difendere il cambio la banca d’Italia distrugge masse consistenti di liquidità. Era ttutto organizzato fin dal 1992. Per il presidente del consiglio Giuliano Amato, uno delle eminenze che ci sono ancora oggi in circolazione con una bella pensione e il ministro del tesori Pitro Barucci, non esiste altra soluzione che svalutare la moneta.
Cosa significa svalutazione della moneta, significa che migliaia e migliaia di lavoratori si trovano in mano una moneta che ha perso un certo potere di acquisto. Quindi di conseguenza c’è un inflazione, quindi di conseguenza c’è un aumento dei costi. Costi che ogni cittadino italiano deve affrontare tutti i giorni delle cose essenziali per vivere.
Per il governo, come detto è necessario far uscire la Lira dallo SME (Sistema Monetario Europeo) invertendo la rotta dei conti pubblici che vanno alla deriva. Ne scaturisce una manovra finanziaria di 100.000 miliardi di Lire che segna l’inizio del processo di risanamento dei conti dello stato italiano. Risanamento dei conti dello stato svendendo il patrimonio degli italiani. Era quello che i mercati internazionali, cioè i grandi finanzieri internazionali, bramavano; poter comprare con quattro soldi i beni autentici di proprietà dei cittadini italiani.
Il messaggio esplicito ai mercati è che l’Italia si candida ad entrare nell’unione monetaria europea, accanto a Francia e Germania e che intende rispettare i parametri di Maastricht, obbligandola a ridurre del 3% tra deficit e Pil ed avviare drastiche politiche di contenimento del debito pubblico. Battono la stessa strada i governi successivi, quello guidato da Ciampi e il primo governo Berlusconi, compreso il governo di Lamberto Dini, che nel 1995 riforma il sistema del calcolo della previdenza con il passaggio da quello retributivo a quello contributivo. Oggi si sta parlando di eliminare, come hanno fatto, completamente la pensione di anzianità è la stessa strada iniziata nel 1992. E’ quello che queste persone vogliono. Vediamo che il passaggio è stato lento, graduale, ma inesorabile. Oggi si parla di togliere, come hanno fatto, la pensione in quanto ansiana, per arrivare ad avere dei soldi per sostenerti devi avere accumulato un credito esclusivamente dai tuoi versamenti. Non esiste. La pensione è un diritto dei cittadini in quanto cittadino italiano. La pensione è un diritto del cittadino italiano in quanto lavoratore, tu hai lavorato e ti spetta la pensione. Questo è il diritto fondamentale. Non perché ti spetta la pensione in quanto hai contribuito ai versamenti. Lo stato sociale che fine ha fatto? Inoltre tali versamenti che il lavoratore ha contribuito, nel corso del tempo si svalutano. All’ingresso del pensionamento il lavoratore, riceverà una moneta svalutata, che precedentemente ha dato alle casse dello stato. Per essere più precisi, il cittadino lavoratore ha delle trattenute che diventano effettivamente l’elemento fondante della sua pensione, ma quelle trattenute hanno il valore nel momento in cui queste trattenute sono state fatte, mica al valore quando te le danno che sono completamente svalutate.
Ragionamento per sottolineare in quale situazione l’Italia si trova, e quali truffatori che pretendono di gestire l’attuale società italiana a nome degli italiani, che disgraziati sono costretti solo a subire.    

Si apra una piccola parentesi, se oggi tra le tante soluzioni, ci può essere una soluzione di far uscire l’Italia dall’Euro? Forse è una delle poche soluzioni fondamentalmente  oneste.

lunedì 19 marzo 2012

Imprenditori falliti


Si vuole iniziare, dando un contributo al governo Monti. Mi sento qualificato al farlo perché qualsiasi mentecatto, imbecille può comprendere che le misure che stanno introducendo sul lavoro, il prof. Monti e la ministra Fornero, sono ingannevoli ed illusorie.
Contributo per fargli capire che l’economia reale e tutt’altra cosa, perché il mentecatto di prima sa molto bene cosa significa lavorare.
Il popolo italiano ha conquistato la sua posizione sociale partendo proprio dalle occupazioni più umili, mentre loro non ancora laureati, erano già titolari di una catterdra universitaria.
Il contributo si articola in tre punti:
  1. Il lavoro non si crea per decreto governativo, ma con un decreto lo si può distruggere, in questo negli ultimi 30 anni i nostri governi, compreso l’attuale, sono stati dei veri maestri.
  2. Il lavoro si crea con l’iniziativa dell’impreditore che investe il proprio denaro per avviare un impresa allo scopo di tranne un utile. Sgombriamo il campo da ogni equivoco, il lavoro non lo crea lo stato ne tanto meno il sindacato, ma solo ed unicamente l’imprenditoria.
  3. Il governo ha il compito di creare le condizioni perché un impresa possa nascere,  .crescere, svilupparsi e produrre utili.

Poiché nel nostro paese tale condizione non esiste e il governo non mostra alcuna intenzione di attuarla, in Italia non può e non può esserci lavoro.

Diciamo che il lavoro è nelle mani di due persone, Monti e la Fornero, che il lavoro non sanno nemmeno lontanamente che cosa sia. Questo pone qualche interrogativo sulla soluzione di questo governo sulla creazione del lavoro. Questo governo in definitiva ha puntato tutta la sua politica del lavoro, sul far diventare i disoccupati in piccoli imprenditori. Tale presupposto è una contraddizione, perché se ci si pensa bene è questo governo che ha massacrato la piccola imprendiotoria negli ultimi 20 anni. Lo si vede chiaramente dal decreto delle liberalizzazioni, ma si vede soprattutto, questo orientamento del governo, in quella che è di costruire una società a responsabilità limitata con un solo 1 € di capitale.
Condizione che il governo, sta lanciando un messaggio ai nostri giovani, che è possibile fare impresa senza capitale, cioè senza soldi. Perché questa nuova iniziativa di fare dei giovani tanti imprenditori, semplicemente perché hanno appena finito di massacrare i vecchi imprenditori.
Sappaimo benissimo che non passa giorno che un imprenditore si suicida. Si sucida, non a fronte di fatture false e quant’altro, ma non riesce più a rispettare gli impegni che ha, il fornitore non onora il pagamento, compreso lo stato e per tanto non riesce ha recuperare i compensi dovuti. Si sa benissimo che lo stato deve 90 miliardi di € agli imprenditori.
Il governo cosa vuole fare adesso, con questo ragionamento, che potrebbe anche trovare una giusta logica se l’Italia fosse un paese sano sotto il profilo economico. Invece di avere tanti dpendenti, proponiamo la libera imprenditorialità.
La proposta è grottesca. Come si fa a pensare ad una S.r.L. con capitale sociale di 1 €. Supponiamo che 4 ragazzi, 25 centesimi a testa, si presentano in banca, pur essendo brave persone ed oneste, chiedendo un prestito per poter lavorare, la banca gli fa un sorrisetto. Qual’è l’azienda di credito che per poter finanziarie un impresa ha per capitale sociale di 1 €.
L’unico finanziamento che questi ragazzi potranno attingere, sarà quello dei risparmi dei genitori, se ne avranno ancora.
La vera riforma del lavoro la sta facendo in questi giorni, la ministra Fornero. Personaggio, dal mio punto di vista interessante. Docile e comprensiva in diretta televisiva quando presenta agli italiani sacrifici da fare per uscire dalla crisi, con la riforma delle pensioni, tanto dura oggi da dire “O si è d’accordo con la riforma del lavoro, altrimenti proseguo da sola”.
Le aspettative che si erano create a fronte di questo governo, detto tecnico, stanno piano piano sciamando.
Detto questo, alla fine in che cosa si traduce tutto questo precipitarsi per le liberalizzazioni ed una riforma del lavoro. Quali sono allora le aspettative per i lavoratori giovani, e direi anche per i non giovani. In Italia non siamo in Germania che l’assunzione di persone, dai 45 ai 55 anni, ha portato un incremento produttivo del 6/7%, rispetto alla forza lavoro di un età inferiore. A questo punto c’è da domandarsi se la sola incentivazione dell’assunzione giovanile e meno giovani per creare posti di lavoro sia sufficiente. Assolutamente no! Assolutamente no, perché è necessario che si formi un tessuto per consentire nuova forza lavoro, bisogna quindi, mettere mano a determinate riforme, far scendere l’aliquota fiscale nei confronti dell’aziende, dare degli incentivi reali alle aziende per essere competitive nel mercato europeo e mondiale. Perché il vero motivo della non competitività delle aziende italiane non è il costo del lavoro, ma bensì oneri che soltanto le imprese italiane devono sostenere nei confronti delle imprese svizzere, tedesche, inglesi ecc, come benzina, gasolio, energia elettrica, tempi della giustizia civile, pubblica amministrazione,  aliquota sul profitto.
Lo stato italiano dovrebbe essere partecipe affinché riesca a dare un aiuto di sostanza alle imprese e di conseguenza creare nuovi posti di lavoro. Il governo Monti è in grado di fare questo? Una riforma così importante può essere lasciata in mano ad un governo tecnico? La strada che ha scelto questo governo, che ci hanno imposto, non porterà nemmeno ½ punto in più di nuovi posti di lavoro. Perché di fatto cosa succederà? I lavoratori che godranno di una fiscalità agevolata, andranno a sostituire contratti di lavoro più onerosi, con quest’ultimi licenziati. E’ logico che non si creerà posti di lavoro, ma semplicemente un ricambio di personale, se non addirittura una diminuzione.
Un altro punto meraviglioso, di questa riforma è l’abolizione della cassa integrazione straordinaria, con la sostituzione dell’indennità di disoccupazione. Cosa crea lavoro a questo punto? Nulla. Si verificherà soltanto un risparmio dello stato a discapito dei lavoratori e della situazione sociale, demolendo le poche certezze nei confronti dei disoccupati.
La sceneggiata che sta andando in scena sull’art. 18 è davvero incredibile, e sta cominciando ad essere una cosa veramente deplorevole.
Con tutti i prblemi che ha l’Italia, veri, concreti e preoccupanti conoscendoli bene sulla nostra pelle, andare a parlare di queste manfrine sull’art. 18 direi che è abbastanza irritante.
L’art. 18 sulla creazione dei posti di lavoro non c’entra assolutamente nulla. Per una ragione semplice, quando l’economia tirava in Italia negli anni 60, l’art. 18 non esisteva. Nessuno ne sentiva la necessità, in quanto uscivi dal lavoro la sera e la mattina dopo trovavi occupazione da un’altra parte. Oggi che l’economia non tira l’art. 18 c’è, ma le imprese possono chiudere i stabilimenti, licenziare tutti e delocalizzare. Ai nostri sindacati, queste possibilità sfuggono leggermente, tanto è vero che si sono saldati all’art. 18 come l’unica ancora di salvezza, perché siamo trasparenti e sinceri se l’art. 18 cade, questi sindacalisti a cosa servono?
In verità questo art. 18 è, e continua ad essere un enorme cassa di risonanza del governo e della ministra Fornero, che ha consentito sostanzialmente di mascherare il vero problema, che è la totale mancanza occupazionale. Soprattutto il fatto che la ministra e il presidente del consiglio non sanno minimamente risolvere questa mancanza di lavoro. Il grosso della questione è che non hanno nemmeno la lungimiranza di ascoltare e di vedere se c’è qualcuno che può avere una qualsiasi idea, perché questi signori di idee non le hanno, se non quelle dettate dall’Europa di aumentare le tasse.
Il quesito è ancora un altro,  questi signori del governo sono al potere temporaneamente, almeno si spera, legiferano in questo modo che assolutamente non conoscono. Dopo di che torneranno ad occupare le loro cattedre o a primeggiare su aziende multinazionali, colpevoli senza giusta pena, di aver trasformato i giovani disoccupati ad 1 milione di imprenditori falliti.   

martedì 6 marzo 2012

Debito pubblico (il ricatto)


Uscire immediatamente dall’euro, piuttosto che lasciarsi svenare e poi vendere. I rimedi ai problemi finanziari proposti dalle parti sociali e dai partiti non sono altro che pagliativi. Pagliativi che servono solo a tirare avanti per qualche settimana. Le manovre governative, compresa anche l’ultima del governo Monti, sono inique e recessive sbilanciate sul lato delle entrate.
Il governo Berlusconi dopo che l’unione europea ha approvato la manovra se la rimangia. Ne fa un altra, non migliore, ma semplicemente congeniata in modo da evitare che si coalizzi un efficiente resistenza, si civile che all’interno della partitocrazia. Partitocrazia che vuole conservare i suoi canali di spesa. Prendiamo ad esempio la manovra alternativa del PD, che frutterebbe solo un decimo dei 40 miliardi di € da recuperare. Dimostrazione che l’opposizione non ha prodotto gran che a tutte queste manovre. Ancora più imbarazzante come la partitocrazia sia sia resa complice all’ultima manovra di Monti.
I partiti non hanno capacità, non hanno idee, non hanno uomini. Il sistema dei partiti è ormai è una zavorra senza capacità di soluzioni e senza valore di rappresentanza, quindi rimane senza leggittimazione. Sono decenni che in Italia si fanno sacrifici e manovre di risanamento e adeguamento ai parametri europei, con la conseguenza che siamo messi sempre peggio. Nessun o vuole ammetterlo, ma è palese che questo stato di cose non funziona.
Il debito pubblico ha sempre continuato a crescere, il motore del mostruoso processo di indebitamento su scala mondiale, compreso il monopolio privato responsabile della creazione e della distruzione di moneta e credito. Moneta e credito che restano in mano ad un pugno di banchieri che riescono a controllare le banche centrali, BCE compresa. Ricattando i governi con minacce di declassamento e non di acquisto dei loro titoli del debito pubblico. Essenzialmente li ricatta a trasferire al settore finanziario crescenti quote di reddito e risparmio dei cittadini e delle imprese. Recenti dati ci dicono che paesi che hanno dichiarato di non poter o di non voler pagare il debito pubblico dopo il default, la loro economia si è ripresa magnificamente.
Piuttosto che continuare con manovre depressive, socialmente laceranti che non risolvono niente da moltissimi anni, sarebbe preferibile per l’Italia uscire dall’euro e ristabilire come moneta la lira, in seconda battuta ripudiare il debito pubblico nazionalizzando la banca d’Italia, ripristinare i vincoli di portafoglio e di acquisto dei titoli di stato, come prima del divorzio della banca d’Italia dal tesoro di stato.
In tale modo si eviterebbe quella serie di tagli depressivi con un risparmio notevole della spesa pubblica, azzerando nel tempo  completamente il debito pubblico.
Gli effetti sarebbero immediati, con il rilancio delle esportazioni, gli investimenti ed infine l’occupazione. Non si avrebbe più bisogno di emettere titoli del debito pubblico. Continuare con gli inasprimenti fiscali, con la tassazione dei redditi presunti (contrari fra l’altro alla nostra Costituzione), con i tagli allo stato sociale e i diritti dei lavoratori. Continuare all’indebitamento del paese con l’incremento dell’insicurezza e della paura, tutto questo è utile a portare il paese e la gente in condizioni ottimali per il capitale internazionale che aspira a rilevare dall’esterno l’economia e le risorse, compresi anche i lavoratori di un paese in ginocchio, pronto a lavorare per bassi salari,senza garanzie e tutele, livellato al basso.
Un paese dove la gente e le imprese devono svendere i loro beni per debiti, anche fiscali. A questo pare che mirano le politiche e i ricatti della così detta Europa, BCE, FMI, società di rating. Questa no è Europa, ma bensì la maschera finanziaria sovranazzionale. Il processo dell’integrazione europea è finta, ed è finita. La commissione conta sempre di meno. Le decisioni si prendono tra cancellieri di paesi forti, ad esclusione degli altri. Soprattutto quelle per decidere le mosse della banca centrale europea, in modo che salvaguardi innanzi tutto la Germania e la Francia. Questi infatti, dicono e ripetono che non accetteranno mai di emettere gli euro bond, cioè di mettere insieme il debito pubblico proprio con quello italiano e quello degli altri paesi eurodeboli.
I paesi euro forti non accetteranno mai l’integrazione politica dell’Italia, non solo per il suo debito pubblico, ma anche perché la classe politica e dirigente italiana troppo marcia e incompetente. All’estero hanno visto tutto abbastanza ormai, dalla mafia alla storia dei rifiuti di Napoli, il Bunga-Bunga, alla giustizia a livelli di Africa nera.
Forse negli anni 90’ pensavamo che l’Italia avrebbe eliminato tutta questa classe dirigente, e corretti i propri difetti grazie alla pressione dell’euro. Ma tutto questo non è avvenuto. Dall’estero snnao che l’Italia non riesce a riformarsi ad intervenire sui propri vizi strutturali, e sta declinando da 20 anni incessantemente.
Sanno inoltre che inevitabilmente uscirà dall’euro, sanno che integrarsi politicamente con un paese come l’Italia equivarrebbe ad impatanarsi in una grave malattia. Nessun paese che ha aziende efficienti non ha piacere di integrarsi con un paese come il nostro o un azienda inefficiente. Per contro ha interesse a sfruttarlo, assumendone il controllo dall’esterno.
La Francia e soprattutto la Germania è un paese molto efficiente, corretto e serio. La sua politica è quella di mantenere l’Italia sotto la BCE e gli organismi comunitari che la Germania può dirigere. Il fine è quello di neutralizzare il nostro paese concorrente sui mercati internazionali, costringendoci, prima che finisca di lasciare l’euro, a pagare i propri debiti in euro verso le banche tedesche anche a costo di dissanguarci. Questa linea politica si sta confermando e irrigidendo con il progredire della crisi. Ricordando Giulio Tremonti, parlando ad una conferenza di Rimini il 27 agosto 2011, ha ammonito la Germania,senza ragione, ad accettare l’euro bond e non ostinarsi alla sua politica rigida e assolutistica, perché potrebbe finire a suo danno. Ma ostinarsi nelle politiche assolutistiche, e ciò quello che la Germania sta facendo da quando è nata, dal 1871. Non ha mai cambiato idea, nonostante due guerre rovinosamente perse. Il sistema paese Germania capisce i fatti non le ragioni.
Uscire dall'euro appare quanto mai vitale per la sopravvivenza di questa nazione. Esattamente come per l'Islanda, uscire subito dalla sfera oppressiva della BCE e del FMI, significa avere qualche chance di ripristinare la nostra economia e restituire (finalmente) al popolo italiano la sovranità nazionale che gli spetta. Dietro questa crisi economica, si cela la ferma volontà delle banche private, di appropriarsi delle risorse nazionali come accade in Grecia e probabilmente in Italia da qui a poco tempo.