Il 17 aprile è stata una giornata disgraziata per l’Italia. perché in questa data il Senato della Repubblica Italiana ha approvato l’art. 81 della Carta Costituzionale.
Modificando l’art. 81 si impedirà alle istituzione pubbliche, a cominciare dallo stato, di intervenire nell’economia. Perché ormai è chiaro qual’è l’ideologia liberista trionfante. Le istituzione pubbliche si devono ritirare dalla vita politica, sociale ed economica perché le lobby finanziarie internazionali, tramite l’UE, devono comandare, le loro esigenze devono stare al primo posto. Un giorno disgraziato che si associa alla proposta del governo, della modifica dello statuto dei lavoratori, l’art.18, in cui al Senato, alla commissione lavoro e previdenza sociale, sta procedendo alla discussione.
Quindi insieme alla modifica dell’art. 81, che calpesta un articolo fondamentale della nostra Costituzione si sta discutendo, con la riforma Fornero, l’art. 18. Un articolo che impedisce alle imprese di licenziare secondo i propri desideri, secondo il proprio arbitrio un lavoratore o una lavoratrice. Quando si tratta di oltraggiare i diritti della popolazione, i diritti dei cittadini e i diritti dei lavoratori questo Parlamento e i suoi parlamentari partono a razzo. Questo Parlamento, con la maggioranza di Berlusconi, con la maggioranza di Bersani, con la maggioranza di Casini mette mano alle leggi contro i lavoratori. L’art 18 nessun governo ha mai osato toccare in 30 anni, non modificare, TOCCARE.
Ricordiamoci che 10 anni fa al circo Massimo di Roma, la stessa CGIL, che in parte dice “si” alla modifica dell’art. 18, portò 2 milioni di persone per protestare contro la modifica dello statuto dei lavoratori.
Ritornando all’art. 81 che fino a ieri regolamentava la vita del paese con il bilancio dello stato. Lo stato, i comuni, le regioni e le provincie potevano intervenire con investimenti sul territorio e la sua salvaguardia. Potevano intervenire sui servizi pubblici, sui servizi della salute e sui servizi della scuola. In definitiva, lo stato italiano si poteva indebitare per arricchire la società, per garantire i diritti, per garantire il capitale sociale. Da oggi lo stato italiano, sotto la sferza dell’unione europea, non potrà più farlo, perché l’obbiettivo di fondo è rientrare dal debito, l’obbiettivo di fondo è pareggiare il bilancio. Il patto fiscale che il governo Monti ha firmato il 2 marzo di quest’anno, a Bruxelles, ci dice anche che bisogna rientrare nel debito, che l’Italia ha di 1900 miliardi di €, riportarlo a 900 miliardi di € in 20 anni. Il che significa che ogni anno dobbiamo risparmiare circa 50 miliardi € solo per alleggerire il debito.
Uno stato serve a progettare il futuro dei suoi cittadini e non la sua distruzione, puntando sulla capacità di una crescita diversa di un paese e quindi spostando delle poste di bilancio. Se questa possibilità è inibita, qualunque facoltà di governo viene meno. Allora c’è da chiedere a questi signori del Parlamento Italiano “Vi pare possibile, manomettere la Costituzione senza sottoporla al parere popolare?”
Una contraddizione clamorosa, un Parlamento fatto da “nominati”, l’espressione è del segretario del PD (Pier Luigi Bersani), cioè da persone indicate dalle segreterie dei partiti, che si accollano il diritto di cambiare un articolo fondamentale della nostra Carta Costituzionale. Si pensi che nei lavori del Senato per la modifica dell’art. 81, è intervenuto il senatore Lusi, sostenendo che “la riforma dell’art. 81 è una riforma epocale”. Un signore che se ne intende di bilanci a tal punto che ha rovinato la Margherita e il PD, a furia di malversazioni nella gestione del denaro proveniente dal finanziamento pubblico. Questa è la gente che ci condurrà all’impoverimento, che dal punto di vista economico è una follia perché lo stato non è un’azienda. Deve tenere conto dei problemi del paese, deve tener conto della disoccupazione, delle pensioni, del lavoro che non c’è. Quindi il pareggio di bilancio come legge dello stato è un vero suicidio dal punto di vista economico, ma è anche una grave violazione dal punto di vista democratico perché non si possono cambiare gli articoli della Costituzione senza chiedere ai cittadini un loro parere attraverso un referendum.
Purtroppo in questi giorni, come anticipato, in senato stanno discutendo anche dell’anagramma dell’art. 81 e cioè la modifica dello statuto dei lavoratori, che secondo la Fornero si chiama riforma del mercato del lavoro. E’ un orrore perché le riforme servono a cambiare in meglio le cose precedenti. Quando le cambiano in peggio non sono più riforme, ma sono dei veri e propri orrori, in questo caso per quanto riguarda i loro diritti e soprattutto il futuro dei prossimi lavoratori.
Stanno creando una situazione in cui chi va a lavorare deve somigliare sempre di più ad uno schiavo, lavorare fino a 66/67 anni, fino a che le forze lo sorreggono, percepire 3 o 4 anni di pensione e poi devi morire. Questo ha scritto l’FMI, l’aspettativa di vita è troppo alta con costi troppi elevati, lo stato non se lo può permettere, i conti dello stato devono essere in pareggio e le banche sono contente. Questo governo, tramite l’UE, sta portando il paese indietro di 100 anni, non al futuro.
Tutto questo perché? Perché ce lo chiede l’Europa.
C’è modo e modo di rispondere all’Europa, rispondendo in altri modi diversi. E’ stato scelto un modo poco accettabile sotto il profilo logico e del merito. Ricordiamoci che l’11 agosto del 2011 partì questa sceneggiata un pò pazzesca, e partì con la forma di convocare una bicamerale delle commissioni affari costituzionali e bilancio, per dare una sensazione che il parlamento lavorava. Avrebbe dovuto essere un lavoro delle due commissioni delle camere che affrontava il problema della modifica dell’art. 81. Fu invece una riunione talmente informale che fu usata solo dal ministro dell’economia, Giulio Tremonti, per fare una conferenza stampa sull’argomento, in cui parteciparono anche i leader dei partiti, come comprimari di una passerella mediatica. I componenti delle due commissioni non aprirono bocca perché non ci fu il tempo neanche di parlarne, con una interpretazione grottesca di questo tema. In quella conferenza stampa il signor Bersani disse queste testuali parole “Non parlatemi di pareggio di bilancio in Costituzione, sarebbe come castrarsi da ogni politica economica”.
Un ultima riflessione. Questo tentativo di votare con i ⅔, quanto alla camera che al senato, dei voti rappresenta un tentativo insidioso perché può far passare il principio che da ora in poi la Costituzione può cambiare con i ⅔ di voti, impedendo ai cittadini di esprimersi con un referendum.
Le lobby internazionali, tramite il governo Monti ed i suoi alleati parlamentari, stanno provando se la maggioranza consociativa riesce a produrre una modifica con i ⅔, significa che gli può venire in mente di farlo anche con la futura riforma costituzionale, come hanno fatto con l’art. 81. A questo punto, diranno, noi siamo noi, i voti ce l’abbiamo e perché non dobbiamo fare una riforma costituzionale dando ad intendere al popolo che rafforzando il governo quanto il parlamento, quando noi sappiamo che da forza solo il governo, e magari addirittura dal presidente del consiglio il titolo di chiedere lo scioglimento delle camere. Badate che questa è una cosa pericolosissima perché mettere in Costituzione che il presidente del consiglio può chiedere al capo dello stato lo scioglimento delle camere, costituisce l’apertura di un dissidio insanabile a livello istituzionale, in quanto se il presidente della repubblica è contrario? Che succede? Il presidente del consiglio se ne va con la coda fra le gambe? Chi fa una modifica della Costituzione di queste proporzioni dovrebbe avere l’onesta di scrivere, in chiare lettere, il presidente del consiglio non potrà mai più diventare un soggetto dotato di poteri extra istituzionali. Perché se tu dai al possessore ipotetico di mezzi di comunicazione la facoltà di chiedere lo scioglimento delle camere, crei davvero una condizione veramente terribile.