martedì 20 maggio 2014

Precarizzazione



Un indagine su scala nazionale sugli sbocchi professionali dei laureati delle università italiane sugli anni accademici analizzati sono stati 2007/2010, sia per quanto riguarda le lauree triennali, sia per quanto riguarda le lauree specialistiche, i dati emersi sull’intero popolo dei laureati (i dati che diffonde l’ISTAT sono basati su un campione soltanto di 300.000 famiglie, che su 20 milioni di lavoratori è abbastanza poco) che trovano un occupazione a tempo indeterminato, sono meno del 10%, 16,7% sono quelli che lavorano in tirocini gratuiti, tutto il resto, il 73,3%, è occupato con vari contratti: contratto a tempo determinato, contratto di inserimento, contratto di apprendistato oppure i contratti a progetto, che sono quelli in assoluto i più diffusi. 

Quindi da questo punto di vista si ha un idea di qual’è oggi il mercato del lavoro italiano per le persone che studiano.

Un altro elemento importante è quello di vedere quanto guadagnano questi giovani che entrano nel mercato del lavoro, con redditi che oscillano tra gli 800 e i 1.000 € netti mensili. Il percorso lavorativo dei laureandi italiani è abbastanza pieno di imprevisti, si incomincia con un stage gratuito che può durare da 3 a 6 mesi e qualche volta anche di più. Se gli va bene, e l’imprenditore è contento, porta a casa un assunzione di 500 € netti al mese per sei mesi, poi se supera questo ostacolo un contratto annuale e rinnovabile che all’inizio viene pagato con una retribuzione di 800 € al mese. 

La sensazione che da questo precariato, cioè la determinazione di avere un tipo di rapporto di lavoro che sono sostanzialmente incerti, possono finire, possono andare avanti, ossia l'azienda utilizza molto i tirocini gratuiti, con la casuale che questo è un periodo di formazione, il giovane impara tante cose e alla fine verrai assunto. Nell’indagine invece si è notato, molto spesso, in realtà alla fine del tirocinio gratuito l’azienda ne prende un altro. Il giovane che pensa di poter entrare dentro un meccanismo di assunzione, molto spesso viene deluso.

C’è da dire, oltretutto, che per aumentare il degrado di questo mercato del lavoro, adesso anche l’università si sono messe a fare l’intermediario di mano d’opera. Caso emblematico di una donna, separata, con due bambini, che forniva servizi per una società di ricerca, a partita IVA, è stata messa sul lastrico, non gli hanno dato più lavoro perché la società aveva fatto una convenzione con l’università che gli forniva degli studenti gratuitamente, in grado di fare quasi lo stesso lavoro della donna.

Ci troviamo in una situazione del mercato del lavoro molto fragile, molto debole che crea fortissime preoccupazioni, ma soprattutto si diffonde una pericolosa mentalità, il lavoro schiavizzato.

Questa questione del lavoro gratuito, come si diceva, è in una fase di espansione enorme, della quale i giovani accettano come una cosa naturale, con i sindacati che ignorano completamente questo problema non affrontando in modo esaustivo questa tecnica schiavistica del mercato del lavoro. Capisco che le aziende possano servirsi, per un certo periodo, di tirocini gratuiti, però questo periodo non può essere esteso per un anno, un anno e mezzo, non mantenendo la promessa di inserire la persona all’interno della macchina dell’azienda, ma sostanzialmente buttarla fuori ed assumerne un altra sempre gratuitamente. Su questo tipo di andazzo si dovrebbe alzare delle barricate, o per lo meno essere frenato, ci sono dei limiti di pudore.

                                                                  
Un altro dei problemi grossi che hanno i giovani che si trovano con la laurea in mano ad affrontare il mercato del lavoro, come è risaputo, molti di questi fanno dei lavoretti, ma oggi la morale dei pagamenti è molto cambiata rispetto ad alcuni decenni fa, ossia il pagamento delle prestazioni di lavoro che i ragazzi svolgono non vengono pagate, in moltissimi casi, infatti, in questi lavoretti non esiste un contratto, ma solo un accordo verbale, questo vale anche per i professionisti affermati. Quindi anche questo mercato del lavoro nelle quali le figure dei lavoratori professionali, che stanno crescendo, è ovvio che stanno crescendo perché quando una persona si è laureata ed incomincia a sparpagliare i suoi curriculum e dopo un anno o due anni ancora non ha trovato qualcosa di soddisfacente, è chiaro che si prova la strada del lavoro professionale autonomo. Se si guardano le statistiche laddove una volta il lavoro professionale autonomo era limitato ad un numero abbastanza ristretto, oggi ci sono almeno un milione e mezzo di persone in Italia che appartengono a professioni, da specificare, non iscritte a nessun ordine. 

Che cosa succede a questo punto, credo che ciascuno di noi conosca dei giovani architetti, dei giovani medici, dei giovani ingegneri che incominciano ad entrare nella professione se la passino molto bene. Succede di fatto che questi giovani laureati lavorano per anni facendo praticantato nei studi di avvocatura ecc, tenendoli sempre sulla corda, ed in molti casi non riuscendo nemmeno a pagare i contributi per le casse private. 

Anche questo mondo delle libere professioni sia avvia a soffrire, si avvia ad avere uno strato di professionisti stabilizzati, che guadagnano bene ed uno strato di professionisti che non riescono ad uscire da questa situazione.

Come si può osservare all’interno del lavoro operaio oggi, dove si riproduce di nuovo una circostanza di dualismo intorno alla quale una situazione di generazione operaia è cresciuta negli anni in cui la garanzia del posto di lavoro, comprensiva ad una serie di altre garanzie erano un dato di fatto, si pensi al grande salto del sistema pensionistico, da un sistema retributivo ad un sistema contributivo. Si passa da una situazione ad una situazione dove si riscontra una crescente precarizzazione, questo è tipico dell’Italia o è proprio di altri paesi? La Germania è un paese che malgrado la crisi continua ad andare bene, ha un PIL che cresce costantemente, ha un occupazione discreta, un tasso di disoccupazione accettabile, ha soprattutto una forza sul mercato mondiale che le consente di essere il secondo esportatore mondiale dopo la Cina. 

Questo è stato possibile perché il capitale tedesco ha fatto il suo dovere, che non ha fatto il grande capitale italiano, ad esempio il capitale tedesco ha investito in tecnologie anche durante la crisi, in particolar modo l’industria dell’auto, oggi la Germania esporta le sue auto in tutto il mondo. 

Paragoniamo questa narrazione tedesca con la storia della FIAT. In una trasmissione televisiva, se non ricordo male Piazza Pulita, c’èra un giornalista del Corriere della Sera, Massimo Mucchetti che parlava del fatto che Marchionne sia uscito dalla Confindustria. La discussione, con gli altri ospiti, pro/contro la decisione della Fiat, Mucchetti alza la mano e dice: “Voglio dire una cosa, primo il signor Marchionni non ha presentato ancora un piano industriale, non un piano industriale credibile, un piano industriale. Secondo gli azionisti FIAT non tirano fuori un solo Euro da almeno 10 anni. Terzo il centro ricerche FIAT a fatto delle innovazioni straordinarie come il common rail, questi signori invece di investire e sviluppare queste innovazioni, battendo la concorrenza, se le sono vendute per un tozzo di pane. Quarto, i titoli azionari FIAT sono titoli di fatto spazzatura. Quinto se la FIAT dovesse consolidare il suo ingresso nella Chrysler, dovrebbe tirarsi in pancia un buco di 4 miliardi di Dollari del fondo pensioni”

Esaminando questa storia e l’idea che questo signor Marchionni venga ancora a dire che è colpa degli operai, quando loro per primi non hanno fatto il loro dovere e l’unica cosa che sa fare la FIAT mettere le mani nelle tasche dei contribuenti per poi tagliare la corda, è uno dei grandi scandali di questo Paese. 

Questo Paese va avanti perché ci sono le piccole e medie industrie dove la gente si ammazza di lavoro per andare avanti, compreso il titolare. Queste grandi aziende che succhiano una serie incredibile di risorse allo Stato, veramente hanno creato il declino di questo Paese, e il motivo è che non hanno semplicemente investito. 

Questa è la grande differenza tra l’Italia e la Germania in molti settori, ad esempio come noi abbiamo distrutto la chimica, l’Italia negli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 era leader in certi settori della chimica, oppure grandi società come l’Olivetti sono diventate società di telefonini. La storia dell’industria italiana in questi ultimi anni è una storia veramente di vergogna.

Allora in Germania è una narrazione di paradiso? Non è vero, la Germania nel 2002, quando c’era al governo Gerhard Schröder, il cancelliere affermava chiaramente che la Germania non era in grado di competere a livello mondiale con il suo costo del lavoro, ergo noi facciamo un secondo mercato del lavoro. Se la Germania fino adesso aveva degli operai che venivano pagati 15/20 € l’ora, dobbiamo arrivare al punto, come oggi sono arrivati, una parte, un segmento degli operai vengono pagati 3 € l’ora. E' sufficiente andaree all’interno delle fabbriche delle automobili si troveranno più o meno un 50% della forza lavoro che appartiene a questo settore non garantito. ...(Segue)