lunedì 28 ottobre 2013

Promessa non mantenuta







Vediamo con insistenza e con superba ossessione ogni manovra finanziaria va a pescare i redditi dei pensionati in quanto più semplice, protestano poco, hanno scarsa visibilità. Ogni tanto in televisione passa il solito servizio del pensionato al parco che afferma di non arrivare a fine mese, poi tutto torna come prima.

In Italia, secondo gli istituti INPS e ISTAT, i pensionati sono 16,7 milioni con una spesa annua di 261,3 miliardi di €. 

Tralasciando le pensioni d’oro, con 470€ al mese come si fa a vivere dignitosamente per un pensionato se non comprare il pane, pasta, frutta di seconda e terza scelta. Azzerati completamente i divertimenti, il tempo libero, un buon libro da leggere, una pizza il sabato sera, per far posto alle bollette sempre più onerose. Una fotografia dalle più diffuse in Italia, sono più di 2 milioni i pensionati con un reddito mensile di 500€ mese (14% del totale), quasi 5 milioni i pensionati che percepiscono tra le 500 e le 1.000€ (31% del totale). Considerando che la soglia di povertà, calcolata per una famiglia senza figli o per un individuo, sui 990€ al mese , quasi la metà dei pensionati italiani sono oggi poveri. Non si immaginava per un pensionato di finire così quando si era impiegati sul posto di lavoro, si pensava alla meritata pensione come una beatitudine, come una gioia. In seguito scopri un altra stato di essere, lo Stato ti mette in dieta senza andare dal dietologo..

Purtroppo oggi con 500€ mese non si vive, oggi se non si raggiungono fra i 1.000 e 1.200€ mese i pensionati non sono in grado di vivere. E’ bene ricordare che le pensioni sono il frutto di versamenti di contributi che tutti sembra che dimenticano, cioè i lavoratori hanno versato allo Stato per tutti gli anni di lavoro in cambio di una promessa di un reddito, una promessa tradita. 

Dunque è logico pensare a come faranno i precari ad immaginarsi una pensione decorosa, è questo il grosso dilemma che hanno le nuove generazioni. Il sistema previdenziale, purtroppo, è iniquo sia con i pensionati che il governo facendo tagli non tiene conto che dietro una pensione c’è la fatica di un a persona, c’è tutta una serie di aspettative compresi i sogni di una persona, sia con i giovani di oggi che effettivamente, forse anche perché le riforme previdenziali sono sempre state un pò tardive, rischiano di non avere più una sicurezza.

Andare in pensione dopo una vita di lavoro durante la quale si è ricoperto anche ruoli di responsabilità con una pensione che si assottiglia sempre di più non è una bella prospettiva. Dunque oggi per questi soggetti esiste delle pensioni discrete, oltre 2.500€ lorde, quelle che da qualche anno sono finite nel mirino delle leggi finanziarie, alla voce tagli.

Già con il decreto Monti hanno rivalutato solo le pensioni fino a 1.410€, oltre nulla, quindi la perdita in due anni di 120€ mese, moltiplicato per 12 mesi, 2.400€. Ogni anno a gennaio le pensioni vengono rivalutate per tenere conto dell’aumento del costo della vita. Dal 2001 l’adeguamento è stato progressivamente ridotto per gli assegni più alti, Di taglio in taglio si è arrivati al governo Monti che al 2011 ha bloccato fino al 2013 la rivalutazione delle pensioni superiori al tre volte il minimo, cioè circa 1.500€. 

Soldi persi che non verranno recuperati, ora la legge di stabilità approvata dal governo, prevede che la rivalutazione automatica riparta, ma distribuita su cinque fasce. Si prenderà il 100% dell’adeguamento dell’inflazione solo le pensioni fino al tre volte il minimo, Per le altre ci sarà un taglio progressivo che arriva al 50% per le pensioni fino a sei volte il minimo 3.000€ lordi. Il taglio poi è sull’intero importo dovuto, chi incassa di più non avrà nessuna adeguamento per tutto il 2014. Una pensione che cammina con il costo della vita all’indietro, si arriverà ad una pensione in grado di soddisfare un pasto di pane e cipolla, una perdita netta di 602€ sul triennio prevista dalla manovra. 

Effettivamente da alcuni anni si è imperversato troppo sui pensionati, da ricordare che fino al 1992 erano addirittura agganciate agli aumenti contrattuali dei lavoratori in attività, perciò godevano di un indicizzazione vera, aumentava l’inflazione ma aumentava anche i contratti, via via i contratti sono stati taglieggiati fino ad essere annullati negli ultimi due anni. Una misura negativa anche dal punto di vista economico in quanto il problema che sta attraversando l’Italia è quella di un blocco dei consumi, non facendo ripartire il mercato interno. Incidere sul potere di acquisto delle pensioni, che si sono svaporate nel corso degli anni, è sul punto di vista economico una misura completamente sbagliata, un disincintivo ai consumi, di cui l’Italia non ha assolutamente bisogno, se vogliamo effettivamente vedere una ripresa che comporti anche un aumento dell’occupazione e una diminuzione delle tasse.
Entrando nel territorio delle pensioni d’oro, i pensionati di questa categoria sono rimasti in bilico fino alla fine, ma poi il governo li ha inseriti nella legge di stabilità in esame in parlamento. Si tratta dei prelievi sulle pensioni d’oro, o meglio contributi di solidarietà per pensioni elevate, quelle che superano i 100.000€ lordi l’anno. Il contributo potrebbe essere scaglionato con un prelievo di 5% sulle pensioni fino a 150.000€, del 10% su quelle fino a 200.000€ e dl 15% oltre i 200.000€ lordi anno.

In alternativa il contributo potrebbe essere unico, ma per le pensioni oltre 150.000€, discussione ancora in essere con una soluzione da verificare. L’esecutivo quindi ci riprova nonostante la Corte Costituzionale abbia già bocciato qualche mese fa un provvedimento simile predisposto dai governi Berlusconi e Monti. Per i giudici della Consulta i vecchi contributi di solidarietà erano discriminatori, perché colpivano i soliti redditi dei pensionati e non dei lavoratori attivi. 

Quanti sono i pensionati che riscuotono assegni di oltre 4.000€ netti ogni mese, secondo i dati dell’INPS 43.000, che pesano sul sistema pensionistico di 6,3 miliardi€, il 2% della spesa complessiva. Ci sono poi un piccolo gruppo di pensionati definiti dei veri uomini d’oro, come un ex maneger Telecom che percepisce 90.000€ lordi al mese, o un ex dirigente comunale che porta a casa 49.000€, una cifra 106 volte più alta della pensione minima. I pensionati d’oro rispondono di aver versato tutti i contributi, parecchi soldi, facendo notare che le pensioni fino al 2011 venivano calcolate con un sistema retributivo, ovvero sulla media degli stipendi incassati negli ultimi anni di lavoro e non sulla base contributivo, versati per tutta la carriera. Il sistema contribuitvo però sarà veramente proporzionale agli assegni percepiti?

E’ chiaro come il sole che le pensioni d’oro sono frutto di leggine clientelari approvate notte tempo, sarebbe già sufficiente fare degli interventi per i trattamenti di favore togliendoli di mezzo. Come sarebbe auspicabile cercare di riequilibrare le situazioni in cui i contributi versati, sostanzialmente non sono sufficienti a pagare per tutto l’arco della vita, che si è allungata molto. Come tutte le misure devono essere chiare e finalizzate.

lunedì 7 ottobre 2013

Costituzione e lavoro



Un centro d'interesse, il potere costituito quello che in realtà sta andando a ledere la libertà e la dignità degli uomini e dei cittadini di questa Repubblica. Ora il personaggio che rappresentava soltanto l'esecuzione di quei propositi ormai è al tramonto, ma adesso c’è direttamente il centro del potere, un apparato finanziario e bancario di questo paese, che ha una serie di collegamenti, una ragnatela per tutto questo pianeta.

La Carta Costituzionale non è un foglio di carta inerme in cui sbarazzarsene a piacimento o più precisamente, facendo un adeguata trasmutazione, un foglio elettronico che possa chiudersi con un clik, ma è semplicemente la Costituzione della Repubblica Italiana, nella quale i costituenti hanno fatto un patto con i cittadini di questa Repubblica, che noi tutti dobbiamo osservare perché è il fondamento, il pilastro del perché stiamo insieme, del perché continuiamo ancora a stare insieme. Si potrebbero citare una serie di articoli in materia di lavoro, di maternità, di uguaglianza, di solidarietà, di sostegno, di libertà, ma andando ad approfondire il tema del sistema economico che regna in questa Italia bisogna considerare il Titolo III della Costituzione, cioè quello dei “rapporti economici”. E’ evidente che nella Carta esiste una differenza terminologica, cioè, di banche non si parla, cioè tutti gli articoli della Costituzione della Repubblica Italiana non si parla per nulla di banche, non c'è nemmeno un piccolissimo rifermento.

Si apre con l'articolo 35 in cui la Repubblica tutela il lavoro. Esplorando con una lettura di massima il sistema, per poi cercare di scendere nel particolare, è necessario elencare quanto segue.

L'articolo 36 continua a parlare del lavoro e quindi dei lavoratori, un importanza fondamentale in questa repubblica, soprattutto nell’attualità perché: il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del suo lavoro, in ogni caso (l’aspetto più importante) che sia sufficiente ad assicurare a se e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. 

Che cosa significa, “che sia sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa” non solo la propria persona, il lavoratore, cioè quello che presta l’attività lavorativa, ma la persona dovrà mantenere anche la sua famiglia. Quindi questa retribuzione deve essere consona ed adeguata per far si che queste persone siano libere, che non siano degli schiavi, che il sistema di riferimento non debba essere come una prigione, un oppressione non garantendo a questi cittadini la possibilità di esplicare, di esprimere la propria vita, la propria gioia, la propria felicità, la propria capacità di essere, la voglia di studiare, la voglia di intraprendere, ma che sia un esistenza che porti ad una serena vecchiaia dignitosa. Dignitosa nel senso che debbono essere soddisfatti i bisogni essenziali come quello alla salute, di avere una casa, di avere una esistenza sociale, di poter vivere liberamente, di circolare, di manifestare il proprio pensiero, di poter scrivere, di poter leggere, di poter vedere la televisione; tutta quella serie di cose che fanno della vita un concetto molto più penetrante di quello che viene intravisto come soltanto dei consumatori, come di utenti di beni o di servizi.

La Costituzione continua parlando della donna lavoratrice, dei cittadini che possono essere inabile al lavoro per cui c’è la necessità di avere degli ammortizzatori sociali o la capacità della cassa integrazione o la necessità della pensione d’invalidità, di vecchiaia e disoccupazione. Poi parla dell'organizzazione sindacale, del diritto di sciopero, per giungere fino all’articolo 41 dopo ben 7 articoli della Costituzione che parla dei rapporti economici, dell iniziativa economica privata libera, non potendo tuttavia svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in un modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana. 

Andando avanti con gli articoli, possiamo notare come la Costituzione, nell’interesse collettivo dei cittadini, possa agevolare categorie di imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali, anche in condizioni di monopolio. Per i padri costituenti era necessario mettere al primo posto l’interesse generale, non sdegnando l’iniziativa priva. Oggi come abbiamo visto in tutte le testate giornalistiche abbiamo completamente rovesciato il rapporto, con la vendita della Telecom Italia ed un salasso avvenuto negli anni passati, che gli italiani stanno pagando a duro prezzo. 

Nei successivi articoli la Costituzione, non solo promuove, ma tutela le comuintà montane, la piccola e media impresa, l’artigianato, le cooperative dei lavoratori senza fini di speculazione privata, favorendo, incoraggiando e tutelando il risparmio in tutte le sue forme, coordina e controlla l’esercizio del credito. 

Certo, qualsiasi soggetto può liberamente fare un'attività economica, nel senso che si posso andare a creare delle strutture, dei mezzi per cercare di trarre profitto dall’idea intrapresa, ma questa attività, questo profitto, questa utilità personale non potrà mai rivolgersi contro l'utilità di tutti, si rifletta a quello che fanno oggi le banche. Le banche prendono i soldi che i cittadini depositano nei propri conti a prestito, pagano un interesse risibile e a loro volta prestano a coloro che invece ne hanno bisogno con altri tipi di interessi. Questo differenziale si chiama Spread, la differenza che esiste fra il tasso attivo che la banca dà ai correntisti e il tasso passivo che la banca riceve dai suoi debitori a cui ha dato dei soldi in prestito. Dove si incontrano una delle grandi difficoltà o magagne della situazione descritta. Le banche si finanziano tramite la BCE al tasso fisso dell’1%. Quindi non solo prendono i soldi da parte dei correntisti a cui non danno quasi nulla perchè parliamo di interessi dello 0,1, 0,2, 0,3% lordo, ma lo prendono all'1% da parte della BCE prendendo in prestito centinaia di miliardi di euro dalla banca centrale per poter immetterli nel sistema bancario. Cosa che invece non è avvenuta. Come li consegnano ai cittadini, ai pochi fortunati a cui vanno dei finanziamenti. Li consegnano in considerazione, non rischiano assolutamente nulla nella loro impresa, che non solo è a fini privati, non avendo nessuna utilità sociale, ma in realtà li prestano a quei pochi fortunati al 16,6%, tasso soglia al di là del quale ci sarebbe addirittura usura e sarebbe reato. Fra l’1% e il 16,6% c’è un differenziale, uno spread del 15,6%. Confrontiamolo su 100€. La banca prendendo 100€ in prestito dalla BCE, al 31 dicembre dell’anno successivo la banca stessa paga 1% di interesse. Il correntista invece a cui vengono affidati in conto corrente questo denaro di 100€, paga alla banca 6,60€, oltre le spese, oltre le commissione, solamente come tasso d’interesse, con un guadagno di 15,6€. Potrebbe essere giustificato una parte di questo differenziale, con le spese per il personale, i costi fissi per l'agenzia, il resto è tutto utile.

Da dove parte la situazione. Parte da una considerazione, da un concetto, se fosse un attività economica uguale a tutte le altre attività umane, ci sarebbe solamente un bilancio in cui da un lato passivo i costi, dall’altro lato attivo i ricavi, la differenza rappresenta l’utile. Negli anni passati le banche hanno ingigantito i propri bilanci con una serie di utili, continuano anche oggi a farlo non si creda alla circostanza che le banche oggi non abbiamo la capacità di produrre ricavi, di produrre profitti.

Non solo hanno questo tasso d'interesse, questo spread come ricavi, le banche prestano a loro volta dei soldi a società finanziarie e a loro stessi per fare delle operazioni speculative, da lì è nato tutto il problema. Dicono che questa è la finanza creativa, inventata dal mondo anglosassone e dalle banche americane di affari, ma tutte le banche hanno giocato in maniera sporca con i soldi dei cittadini. Hanno investito questo denaro in EgiFunds, in mutui subprime, qualsiasi cosa che garantiva loro profitti eneormi, creando castelli di carta come i crediti default swap (cds). Questi cds non è altro che un obbligazione che rappresenta un derivato in cui c’è un sottostante rischio di fallimento di un sistema, o perché riguarda i crediti di un sistema, ad esempio il sistema Italia o sulle obbligazioni dei BTP o sui BOT o su un sistema privato di aziende come poteva essere la Parmalat di Calisto Tanzi. 

Contro il rischio di questo fallimento le banche con la creazione di questi cds è come se si assicurassero. Sicuramente la maggior parte di noi non può sapere, per ovvie ragioni, quanti cds circolano su questo pianeta, ma di quello che possiamo documentarci da fonti quasi certe, sono il triplo, il quadruplo di tutto il prodotto interno lordo di tutto il mondo, cifre talmente spaventose, montagne di carta che non valgono assolutamente nulla drogando tutto il sistema finanziario globale. Assicurazioni che prima o dopo arriveranno a scadenza creando uno scombussolamento tale dal punto di vista economico e sistemico di cui i pezzi non si troveranno più.

Come si esce adesso da questa situazione. Troviamo la ricetta sulla Costituzione:

                                                          Art. 43.

A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

Occorre una spinta, non solo un dovere di propositi e ideali di cambiamento, ma per far si che questo articolo 43 sia realmente applicato in questa Repubblica. In questo momento esiste la necessità di utilità generale, la legge può trasferire, quindi significa spostare da uno ad un altro, chiaramente risarcendo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese. Una di queste imprese che oggi andrebbe trasferita dallo Stato è l'impresa bancaria tutta. 

Da ricordare assolutamente che prima di questo sistema di liberalizzazioni ed privatizzazioni selvagge esistevano le banche di interesse nazionale: Banca commerciale, Banca di Roma, Credito Italiano, Banco di Napoli e Banco San Paolo di Torino. Banche che avevano un fondamento pubblico e quindi il credito che veniva coordinato, gestito, controllato da parte dello Stato, era uno dei motori primi dell'economia, oggi lo stato deve riappropriarsi di un mercato come quello creditizio che è l'origine del sistema economico, il modo con cui i cittadini fra di loro regolano i rapporti, proprio per le difficoltà economiche e le difficoltà sistemiche che esistono in questa Repubblica. 

Occorre una spinta ulteriore per una grande mobilitazione da parte di tutti i cittadini, come forza di pressione creando le condizione per fare il mondo che le imprese bancarie, che oggi sono proprietà privata e che quindi creano soltanto utili al proprio tornaconto, contrari all’utilità sociale, contrari alle finalità pubbliche del sistema, venga riassegnato allo Stato che ne ha legittimo diritto. 

Lo Stato siamo tutti noi cari connazionali, non è un entità astratta, non è un mondo virtuale, ma è la vita di tutti i giorni. Parliamone, facciamo quanto possibile da organizzare, da creare massa critica per fare in modo che questo sistema cambi, cambiando ogni volta che noi cittadini decidiamo una cosa insieme ad altri.

Per tale ragione è indispensabile parteciapre alla manifestazione del 12 ottobre a Roma in difesa della Costituzione, promossa da Lorenza Carlassare, Don Luigi Ciotti, Maurizio Landini, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky.