mercoledì 23 aprile 2014

Memorie divise (25 aprile)

Qual’è l’immagine pubblica della ricorrenza del 25 aprile alla luce della trasformazione del quadro politico italiano scaturito negli anni, dal 1945 al 2014? Qual’è uso pubblico della storia sia stato fatto in merito al mito resistenziale?
A seconda dei punti di osservazione, anche in Italia l’esperienza della guerra ha prodotto una molteplicità di memorie divise, spesso inconciliabili ed antagoniste tra di loro. I ricordi di coloro che hanno partecipato a quella tragica esperienza hanno contribuito a ricostruire la natura di quella vicenda in differenti modalità, a seconda del punto di vista e del ruolo che ogni individuo ricopriva in quell’ambito. In questa memoria frantumata trovano posto i ricordi e le interpretazioni degli ex combattenti delle guerre fasciste (reduci d’Africa, di Albania, di Grecia, di Russia, della Jugoslavia), partigiani di diverse estrazione sociale e di diversa affiliazione politica (comunisti, socialisti, azionisti, liberali, monarchici, militari), fascisti di Salò, internati militari in Germania, vittime della deportazione politica e razziale nei campi di concentramento, famiglie e comunità colpite dalle efferate stragi nazi-fasciste, vittime dei bombardamenti e degli stupri alleati, vittime delle efferatezze delle squadriglie fasciste (torture, stupri, violenze di ogni genere), prigionieri di guerra in mano alleata, italiani vittime delle foibe e dell’esodo dai territori dell’Istria e della Dalmazia.

Vista la pluralità e la frammentazione delle memorie di singoli individui e di gruppi organizzati, anche all’interno delo stesso schieramento antifascista, parrebbe di difficile realizzazione l’identificazione del Pese con una memoria collettiva e condivisa. Tuttavia è invece esistita una memoria pubblica della guerra e della resistenza cdelebrata dall’antifascismo vincitore, basata su una narrazione di fondo condivisa dalle singole componenti antifasciste e impostasi come condizione dominante. Nonostante che all’interno di questa memoria condivisa siano presenti i distinguo di frange appartenenti sia alla Democrazia Cristiana, sia alla sinistra radicale e non, resta il fatto che questa memoria pubblica è stata in grado di attivare nel Paese processi di identificazione profondi, tali da conferirle i tratti di una memoria collettiva.

Questa narrazione egemonica elaborata dal fronte antifascista, ha subito nel corso di questi settant’anni ripetuti attacchi da più parti, a seconda della fase storica e politica che il Paese viveva, diverse sono state le interpretazioni date a singoli episodi in modo da avvalorare tesi che ricondussero ad una valutazione addolcita del periodo fascista tale da distinguerlo nettamente dalla brutalità nazi-tedesca, dimenticando consapevolmente le responsabilità italiane per la guerra d’aggressione e i gravissimi crimini commessi anche da parte italiana contro civili e partigiani in Jugoslavia e in Africa. 

Nei primissimi anni del dopoguerra, questo atteggiamento da parte del fronte antifascista vincitore, era guidato sia da ragioni di opportunità politiche internazionali che permettessero all’Italia di accreditarsi presso gli alleati non come una nazione fautrice dello scatenamento della guerra, ma bensì come quella nazione il cui popolo era stato trascinato da Mussolini e dai suoi scagnozzi in una guerra malvista e non voluta a fianco di un alleato detestato come la Germania Hitleriana, e in tal modo cercando di evitare o quantomeno di ammorbidire le prevedibili ritorsioni da parte delle potenze vincitrici, sia da ragioni di mantenimento di una fragile coesione sociale già messa a dura prova durante il periodo della guerra, e che aveva necessità di essere più cementata in un tessuto sociale e politico che smussasse i vecchi rancori e le vecchie divisioni pur presenti nel tessuto sociale. Il Partito Comunista Italiano, che più delle altre componenti antifasciste avrebbero potuto soffiare su queste divisioni, orientò invece la propria azione politica sul superamento di queste divisioni, com’è chiaramente provato prima della famosa svolta di Salerno nel marzo-aprile 1944 e successivamente dall’amnistia del 1946 voluta da Togliatti. Negli anni successivi sarà il neonato partito fascista a screditare il più possibile il fronte della narrazione egemonica antifascista della resistenza, tentando a più riprese l’equiparazione tra i così detti ragazzi di Salò e i partigini, considerando questi ultimi dei veri traditori della Patria, esaltando l’eroismo in combattimento dei soldati italiani, affermando l’esistenza di una vasta adesione della popolazione italiana alla guerra dell’Asse.

A queste posizioni il fronte antifascista rispose compatto e unanime, ma la sua coesione era già minata dall’anticomunismo alimentato dall’intensa campagna di stampa lanciata sin dall’autunno del ‘45 dai moderatori e conservatori sulla questione dei prigionieri di guerra italiani in Unione Sovietica, nella quale si accusava Mosca di trattamenti brutali e schiavizzanti. L’unità dei partiti del fronte antifascista risultava minata sia dall’esterno, con il risorgere delle posizioni neofasciste, sia al proprio interno con una frattura tra partiti della sinistra e le posizioni anticomuniste della Democrazia Italiana che raggiunse il suo culmine in accasione delle elezioni del 18 aprile 1948.

Nella contrapposizione tra sinistre e partiti centristi, De Gsaperi, in occasione del quarto anniversario della Liberazione del ‘49, rivendicò al proprio partito la capacità di rappresentare tutto lo spirito della liberazione e chiamò i partigiani cristiani a una nuova resistenza, contro le forze disgregatrici sia di destra che di sinistra identificate entrambe con l’antilibertà per difendere il patrimonio della resistenza non solo dalle insidie del neofascismo, ma anche dalla sfida lanciata dalle sinistre radicali. In questa agguerrita contrapposizione tra sinistra e D.C. cercarono e in parte ottennero una maggiore visibilità le forze neofasciste che lanciarono l’idea della pacificazione tra fascisti e antifascisti con un preciso calcolo politico: puntare alla sostituzione dell’antifascismo con l’anticomunismo quale fonte di legittimazione della neonata Repubblica, nella prospettiva di accreditarsi come forza di governo per la crociata anticomunista.

Resta inteso che anche se da un lato la D.C. aveva screditato la Resistenza comunista contrapponendo alla rivoluzione interrotta la Resistenza nel segno della libertà contro i totalitarismi sia di destra che di sinistra, stemperando il significato ideologico e rivoluzionario che della resistenza davano i partiti di sinistra, dall’altro lato essa non era disposta a condividere la lettura che la destra, non solo neofascista, si ostinava a fare. Da parte della D.C. l’intesa politica con il MSI, erede delle posizioni fasciste, era dunque ostacolata dall’ancoraggio del partito di De Gasperi all’antifascismo al potere nel 1963 della coalizione di centro sinistra con la partecipazione al governo del Partito Socialista.

Dal 1968 emerse un nuovov riferimento alla memoria della Resistenza, il movimento studentesco, il quale rivendicava la dimensione di classe della lotta partigiana e si collocava in aspra polemica, non solo con la dimensione celebrativa unitaria del centro sinistra al governo, ma anche in contrasto con l’opposizione governativa del PCI, responsabile, agli occhi del movimento studentesco, di avere accettato l’ordine costituito e tradito anch’esso i temi della Resistenza come occasione mancata e rivoluzione interrotta.

La ricorrenza del 25 aprile, per questa ampia area della sinistra radicale, divenne una vera e propria scadenza di lotta indirizzata sia contro il fascismo squadrista, responsabile di innumerevoli episodi di violenza e di attentati, sia contro il fascismo di Stato della DC, considerata strumento dei progetti reazionari del blocco capitalista. In questo clima di alta tensione e di scontri di piazza a prevalere fu la convergenza e la coesione a difesa delle istituzioni minacciate dal tentativo eversivo fascista a suon di bombe e dalla sfida del terrorismo di sinistra, che rinsaldarono l’antifascismo dei ceti popolari e la solidarietà tra i partiti fondatori della Repubblica e della Costituzione.



A partire dagli anni ottanta la narrazione antifascista è stata posta sotto accusa e criticata radicalmente in virtù di un nuovo assetto politico del Paese con la nascita del pentapartito ed un rinnovato isolamento del PCI. Ritornarono in voga critiche all’operato dei partigiani comunisti in episodi già largamente discussi dalla storia, nel tentativo, non nuovo, di mettere sotto accusa le azioni partigiane condotte dai partigiani comunisti, al fine di screditarle. Questa operazione era ispirata dalla nuova politica del PSI che attraverso la figura del suo leader, Bettino Craxi, si faceva fautore della cosi detta grande riforma per un rinnovamento istituzionale che portasse a fondare quella nuova Repubblica che, nelle intenzioni del gruppo dirigente socialista, doveva fornire strutture istituzionali adeguate alla modernizzazione del Paese e che trovava invece nell’impianto della Costituzione nata dalla Resistenza un ostacolo da superare anche a costo di alimentare pericolose derive revisionistiche. 

Così, al ricordo della violenza fascista furono contrapposti quello delle stragi delle foibe perpetrate contro gli italiani dai comunisti di Tito e quelle uccisioni di fascisti commesse da ex partigiani nell’immediato dopoguerra. Furono inoltre portate alla ribalta e al clamore dell’opinione pubblica, utilizzando anche mezzi di propaganda, le violenze (tra l’altro già ampiamente riconosciute) compiute dai partigiani comunisti ai danni di partigiani di altro colore (eccidio di Porzus in Friuli). Il Comitato di Liberazione Nazionale (CNL) fu accusato di essere all’origine del sistema corrotto della partitocrazia italiana e la lotta di liberazione fu rappresentata come una guerra civile tra due opposte fazioni, nessuna delle quali avrebbe goduto dell’appoggio popolare, minando alla base uno dei cardini della memoria pubblica antifascista della Resistenza seconda la quale il sostegno del popolo italiano fu fondamentale alla riuscita e alla violenza della lotta di liberazione. Argomenti e tatticismi mai scomparsi dalla propaganda di liberazione.

Gli anni ‘90 rappresentano l’apice della crisi della repubblica partitica, fino ad allora aveva governato il paese. La fine della guerra fredda, l’aumento esponenziale del debito pubblico, la corruzione pubblica e privata venuta alla luce grazie all’operato del pool del Tribunale di Milano, la minacciosa e cruenta offensiva della mafia, le divisioni della maggioranza parlamentare e politica portano al disfacimento della classe politica. Dopo le elezioni del ‘92, sull’onda dell’espandersi giudiziaria di Milano, ribattezzata Mani Pulite, la Presidenza del Consiglio viene affidata dal Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, a Giuliano Amato. Si svolge nell’aprile del ‘93 il referendum che determina l’introduzione del sistema maggioritario parziale (75% maggioritario, 25% proporzionale), che trasforma in senso bipolare il sistema elettorale italiano. L’incarico di Presidente del Consiglio passa a Carlo Azeglio Ciampi, ex governatore della Banca d’Italia.

Il quadro politico italiano, rispetto a quello che era stato fino ad allora e completamente stravolto. Il confronto nelle elezioni del ‘94 avviene tra due blocchi che sono composti da forze politiche che, quantomeno formalmente, si presentano agli elettori come forze innovative. I risultati elettorali premiano il blocco di centro destra che si accinge ad andare al governo del Paese con una coalizione formata per la maggior parte da organizzazioni politiche che non derivano affatto da quelle formazioni fautrici della Repubblica e della Costituzione.

Tutto ciò contribuì alla rimessa in discussione dei miti di fondazione della Repubblica e della gerarchia dei simboli nazionali a dimostrazione di quanto fosse sopita, ma non certo superata, la vecchia frattura tra coloro che nel Paese si riconoscevano nei miti fondanti del nazione, nel loro aspetto simbolico e rituale, alimentato attraverso le ricorrenze celebrative delle feste civili, e quanti, invece consideravano gli stessi miti come una sorta di acqua passata. Questo nuovo scontro culturale raggiunse l’apice proprio nel nel 1994 a ridosso della Festa del 25 aprile ed immediatamente dopola vittoria elettorale che portava al governo quelle forze che si facevano promotrici do quell’idea dei miti repubblicani che prima abbiamo definito acqua passata. Fu soprattutto da allora in poi che si creò una sorta di corto circuito tra le discussioni nazionali, i nuovi elementi della storiografia e l’uso pubblico della storia. Infatti con l’ascesa al potere del centro destra, con il nuovo governo in cerca di legittimazione interna ed internazionale, si orienta la discussione storica culturale al di là dei classici schemi degli storici di professione, coinvolgendo a pieno titolo l’operato dei mass-media. Fu il significato del 25 aprile (forse anche perché la ricorrenza la cui data è immediatamente successiva alla vittoria elettorale delle destre) ad essere coinvolto e messo in discussione in primo luogo e conseguentemente a ritornare come era stato nei primi anni dopo la liberazione fonte di contrasto e di acceso dibattito sia culturale che politico. 

Il nostro Paese ha bisogno di una riconciliazione, superando tutte le controversie del passato, condividendo le Memorie.

mercoledì 9 aprile 2014

Super Bugs Bunny

Noto con estremo stupore che la gente normalmente non riesce a fare un collegamento tra la propria condizione di vita e il fatto di non pagare la bolletta, del non riuscire a trovare lavoro, a sistemare i figli, a pagare il mutuo e le reali responsabilità di chi lo ha messo in queste condizione. Come se fosse una questione magica o un sentimento che proviene dall'esterno, una congiuntura strana provocata da esseri soprannaturali. 

Il collegamento è semplice, la nostra condizione di vita le nostre prospettive ed il fatto di avere questa grave crisi economica ha delle precise responsabilità, con dei nomi e con dei cognomi, evidentemente o non vogliamo farlo o non abbiamo la voglia di volerlo fare perché preferiamo prendersela con noi stessi. Basta fare il parallelismo dell’aumento esponenziale degli psicofarmaci, in questo periodo, che sono aumentati di oltre il 120%. Tuttavia preferiamo rivolgere la nostra attenzione, la nostra sensazione di disaggio su noi stessi, invece che sui reali responsabili di chi ci ha portato a questo sfacelo.

La situazione è completamente disarmante, perché noi abbiamo una precisa responsabilità da parte di coloro che sono attualmente la classe dirigente, ora non c’è da prendersela con Bugs Bunny che è l'ultimo del popolo che è stato portato alla massima funziona istituzionale di questo paese ha Presidente del Consiglio.

Allora qual’è il nostro problema, il nostro problema è il Super Bugs Bunny, il problema è Matteo Renzi, ma non perché ce l'ho con lui personalmente, persona che potrebbe anche essere simpatico come giovanotto da conoscere, però è per chi rappresenta in questo momento, la classe apicale, al di là del fatto di come ci sia arrivato a fare il Presidente del Consiglio, il problema è che in questo momento lui ha le leve del comando.

Era immaginabile, dopo tutto quel casino che ha fatto per entrare a fare il capo del governo, che avesse già dei provvedimenti pronti, che aveva già dei decreti legge, quando ammoniva Enrico Letta che l'immobilismo non va bene, gli italiani soffrono, l’Italia non va bene dobbiamo fare delle cose, hai tutto il mio appoggio come segretario del partito se tu fai effettivamente dei provvedimenti, ed arrivasse a palazzo Chigi, con la sua task force, con i suoi consulenti, con i faldoni già pronti delle cose da fare.

Dal 22 febbraio il presidente del consiglio, Super Bugs Bunny ad oggi, i provvedimenti sono solo annunciati, l'unica cosa che Renzi ha partorito sono le famose 32 slide.   

32 slide di proclami, di slogan che Bugs Bunny ha fatto per andare a dire cosa lui farà nei prossimi mesi. 32 slide che sono impressionati. Una rock star che ha fatto il giro dell'Europa, delle capitali europee, così come aveva fatto la rock star precedente Enrico Letta, così come ha fatto Mario Monti, fanno il tour del vecchio continente con i soldi del popolo italiano. Vanno a fare un po' di conoscenza per sistemare alcune cose, pero' sicuramente per non risolvere i problemi di questo paese. Invece di essere chiuso a palazzo Chigi per licenziare dei provvedimenti, in questo momento gravissimo, e' andato in tour. In queste 32 slide si possono notare che ci sono delle cose assai bizzarre. Alcune slide, per esempio, che con la crisi finanziaria non ci azzeccano assolutamente nulla, come ad esempio l'abolizione del Senato, l'abolizione delle Province e il precariato, cioè tutti provvedimenti del coniglietto sono finalizzate a rendere strutturale e definitivo il precariato. Non a creare posti di lavoro a tempo indeterminato subordinato all’infinito in modo di dare prospettiva ai giovani che possono quindi programmare la loro vita, fare una famiglia, acquistare una casa, fare un mutuo, cercare un futuro con una prospettiva di una meritata pensione. 

No! La finalità è rendere tutto il popolo italiano precario



Le slide del coniglietto fa scopa con la notizia che Unicredit nello stesso momento ha dichiarato che taglierà 5.700 posti di lavoro. L’occupazione, quindi, va sempre più ad abbassarsi, la disoccupazione sempre più ad aumentare. In tutti questi provvedimenti di lavoro non uscirà un solo nuovo posto di lavoro. La notizia del meccanismo salva-stati (MES) di 50 miliardi aggiuntivi che noi tutti gli anni dobbiamo andare a trovare, creerà ancora più disagio sociale, provocherà ancora di più contrazioni di consumi, provocherà ancora di più disoccupazione. Quindi Super Bugs Bunny a poco a che fare con il lavoro, ha molto ad andare a guadagnare dal punto di vista mediatico, perché adesso l'operazione che ha fatto e del tipo post datato, come conoscono bene il linguaggio i cittadini italiani. Il post datato è: “Io grazie ad un provvedimento tampone, una tantum, vado a dare 80 euro messe a tutti coloro che guadagnano meno di 25.000 euro lordi annui” Riflettendo, 25.000 euro lordi l'anno significa 18.000 euro netti l'anno, però per 13 mensilità sono 1.350 euro mese, quanti sono i cittadini italiani che lavorano? In secondo luogo quanti sono i cittadini italiani che hanno un posto che gli da 1.350 euro mese? Non pensate che siamo tantissimi, non sono sicuramente i 10 miliardi che ha propagandato. I soldi non sono quelli, perché la platea degli spettatori di questi provvedimenti normativi, o meglio di questi provvedimenti annunciati, sono molto ma molto pochi.

In ogni caso. dal punto di vista sostanziale, tutte le categorie che sono in attesa di rinnovo di contratto, anzi c'è tutto il popolo italiano occupato, sia nei lavori pubblici che privato, è in attesa di contratti da anni. Questi 80 euro non sarebbero neanche lo scatto di aumento stipendiale che avrebbero se i contratti sarebbero stati rinnovati. Allora che fa il coniglietto? Invece di andare a rinnovare i contratti, che è la cosa giusta da dover fare, per evitare di mettersi nella trattativa sindacale, da a pioggia 80 euro mese, ma solo per quest'anno. La copertura 10 miliardi per il momento non l’ha trovata per quest'anno, bisognerebbe trovare la copertura strutturale per tutti gli anni avvenire, fare una manovra pluriennale per cercare di pareggiare l’operazione. Come sappiamo tutti, con il vincolo del pareggio di bilancio che abbiamo in Costituzione ogni manovra deve avere il saldo a "0". Se io do un euro a qualcuno, qualcun'altro me lo deve dare quell’euro, e chi
volete che gli dia questi soldi? Gli evasori, i ricchi, le lobby finanziarie? Saremo sempre noi, come ci da 80 euro, noi 80 euro dobbiamo andare a versare, perché il saldo deve essere sempre "0"
Sembrerebbe quasi come la social card del governo Berlusconi, ricordate la carità che ha fatto? Ha speso forse di più per fare il microchip che le carte piuttosto che quei pochi euro che i pensionati potevano andare a spendere al supermercato, questa sarebbe la carità di Super Bugs Bunny a saldo "0", perché con la mano ci da e con l’altra mano si riprenderà. Si li riprenderà con la Tasi, con la Tarsu, con l'aumento dell’Imu, con i servizi sociali che saranno a pagamento. 
Il coniglio dice che in base alla 'spending review' che taglierà 45 F35, precisiamo che l’operazione va fatta per il totale, perché l'Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ed è un paese profondamente pacifista, lo è sempre stato tranne che per qualche bislacco che l'ha portata alla guerra sbagliata e perdendola. Poi venderà la portaerei Garibaldi, venderà caserme, venderà aeroporti militari, cioè noi vendiamo i gioielli di famiglia per andarci a mangiare la pizza. Il saldo per cui ragionare è: anche se sbagliato vendere i F35, è giusto dal punto di vista assoluto, però noi vendiamo delle cose che in teoria sono dallo Stato Italiano, così come le privatizzazioni, diamo delle cose nostre in cambio di pochi spiccioli, ma con quei pochi spiccioli, al di là della ripresa immediata dei consumi per quei pochi euro, il problema rimane strutturale che non funziona. 

Intanto dovrebbe spiegare, Super Bugs Bunny, se proprio non si intravvedono gli estremi del voto di scambio e quindi di un reato, io ti do in cambio di, perché guardate bene la prima scadenza è il 27 di maggio, stranamente il 27 di maggio è il giorno dello scrutinio del risultato delle elezioni europee, cioè prima si vota per le europee, prima mettiamo in cantiere il risultato delle europee in modo che per 5 anni stiamo tranquilli in modo che l'Europa non lo potrà attaccare nessuno, poi ti darò. Ma anche ammettendo che non esiste il voto di scambio, dal punto di vista politico e sicuramente censurabile una operazione del genere, prima perché non ha ancora le coperture, secondo perché è post datato, terzo perché non risolutivo dei problemi degli italiani.

Il problema degli italiani è troppo complesso, se facciamo un piccolo calcolo noi abbiamo 121. 500 € ogni minuto che passa, non è sicuramente la vendita all'asta dell’auto blu, un parco macchine estremamente numeroso e qualche ferro vecchio da vendere a 7-8 mila euro al miglior offerente che potrà risolvere il problema. Dovrebbe spiegare, il coniglietto corri corri, come è possibile che lui ha occupato per tre anni un attico nel centro di Firenze, non pagato da lui, un'altra casa tipo Scajola, con contratto di fitto al nome dell’amminstratore delegato di una società comunale, in cui viveva il sindaco di Firenze. Questo dovrebbe spiegarlo, come dovrebbe spiegare perché durante la propria gestione, adesso sia stato rubato un affresco a Pompei o quando è crollato un muro e sono state chieste le dimissioni del ministro dei beni culturali, Bondi, adesso che hanno rubato un affresco perché il ministro Franceschini non si dimette. Noi CITTADINI dobbiamo chiamare alle proprie responsabilità i singoli autori degli illeciti, fin quando pensiamo che la responsabilità politica non esiste, perché non corrisponde ad una responsabilità giuridica, il problema sarà irrisolvibile.

Per concludere, l’unica cosa che ho trovato di mio gradimento l’altra domenica a Porta Portese, una grande kermesse commerciale romana, è un cartello in uno stand, nel termine linguistico inglese, in uso comune, una bancarella, che diceva:


“Finalmente la crisi è finita, è arrivata la miseria”


Questo è esattamente il simbolo della decadenza dell'area urbana, il simbolo della decadenza del libero mercato. I mercati, quelli che in realtà tengono ostaggio il paese, quelli che controllano il debito pubblico, quelli che hannnoo minato Renzi, quelli che hanno il potere, sono come il mercato di Porta Portese.

Un gregge inaudito di pecore che cammina attraverso il mercato: i compratori, le bancarelle: i venditori. C'è qualcuno che è più furbo che guadagna in ogni caso, che è il banco, in questo caso il comune di Roma. 20 € lineare per giorno a prescindere se la bancarella vende, a prescindere se il gregge compra, il banco vince e incassa. Questo è il simbolo, l’emblema del libero mercato, un grandissimo mercato di Porta Portese, dove pochissimi comprano, tantissimi offrono, e i furbi, il potere finanziario o meglio le banche sono quelle che in realtà vincono sempre in qualsiasi caso.