giovedì 19 giugno 2014

Istituto del lavoro

Se si parte dal principio che il lavoro è elemento indispensabile di crescita e che va di pari passo con i progetti di produttività, è anche vero che il lavoro, è un sacrosanto diritto per tutti i cittadini della nostra Repubblica, nessuno escluso.

La competitività del lavoro si deve basare principalmente sulla qualità e, il fabbisogno di guadagno, deve essere rapportato al reale costo della vita che, pertanto, è abbastanza chiaro che non si può essere sottopagati come non si può essere super pagati: il tutto deve oscillare tra un minimo indispensabile per vivere ed un massimo abbastanza congruo per soddisfare le esigenze della professionalità ma che comunque, il lavoro stesso, non deve essere oggetto di mercato o di favoritismi.

Fatto questo ragionamento, mal si sopporta l'ingerenza dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nelle nostre faccende interne che, più che risolvere i problemi, li crea, senza tener conto che l'Italia ha il triste primato degli stipendi più bassi d'Europa, al contrario degli stipendi dei manager che sono tra i più alti d'Europa “in modo paradossale e scandaloso“.

In proposito un suggerimento è d'obbligo e, se attuato, anche efficace. Si dice in giro che il posto fisso non è più una realtà di fatto, lo dice la "scienza economica", forse è vero, ma è vero anche che il lavoro flessibile non porta sicurezza quindi, non essendoci un nesso né di logica e né di compromesso, è indispensabile trovare una soluzione.

Se il posto fisso non è più assicurabile può essere assicurabile lo stipendio fisso nell'ambito della flessibilità del lavoro, quindi è indispensabile creare un "Istituto del Lavoro".

In questo Istituto devono confluire tutte le figure lavorative dipendenti sia pubblici che privati, stabilendo sin da subito le tre fasce strutturali della vita sociale del paese che sono:

la fascia imprenditoriale, artigiana, commerciale, studi professionali e tutto ciò che il libero mercato propone;
la fascia di prestatori d'opera che comprendono tutti i lavoratori delle varie categorie che vanno dal manovale al professionista dipendente; la fascia delle forze armate e di sicurezza, nella quale devono confluire tutte quelle persone che abbiano tale attitudine e che per logistica devono necessariamente essere a posto fisso ovvero, anche se flessibile, ma sempre nell'ambito delle varie strutture di sicurezza.

Detto questo e stabilito l'ordine delle cose, si passa alla fase operativa che, in questo caso, riguarda appunto la fascia dei prestatori d'opera. 

In questo Istituto devono confluire tutti i cittadini, sia pubblici che privati anche attualmente in servizio insieme a tutti gli altri (cassintegrati, disoccupati, beneficiari di ammortizzatori sociali e portatori di handicap), con le loro capacità professionali e che abbiano compito il 18° anno di età; ad essi, in base al loro apporto professionale verrà garantito uno stipendio fisso che non dovrà essere inferiore a 20.000 euro annui e non superiore a 50.000 annui. 

Stabilito questo criterio, ovviamente, viene subito annullata ogni forma di ammortizzatore sociale, cassa integrazione o altro e, anche l'assistenza ai portatori di handicap perché, ad essi, verrà riconosciuta la pari dignità e gli stessi diritti dei lavoratori del pieno ciclo produttivo, anche loro verranno impiegati ed inseriti in base alle loro possibilità nel circuito lavorativo, salvo casi di particolare gravità.

Fatto questo, tutte le attività produttive imprenditoriali, artigiane, commerciali, enti pubblici, enti privati, studi professionali e quant'altro il mercato richiede, attingeranno, per il loro fabbisogno, dall'Istituto del lavoro per quello che serve al ciclo produttivo e, a loro volta, per l'utilizzo della manodopera richiesta, pagheranno all'Istituto il costo dell'intervento professionale richiesto.

Siccome questo concetto, in un certo senso, garantisce tutti, può venire meno anche il fatidico art. 18 che non avrebbe più ragione di esistere, in quanto, non c’è più disoccupazione, non ci sono più concorsi, il personale qualificato verrà preparato dallo stesso Istituto in base alle professionalità richieste e attitudini, l'azienda stessa o enti non dovranno più curarsi del personale ma viene garantita all'imprenditoria e strutture pubbliche, oltre che la qualità anche la continuità del servizio, come la immediata sostituzione del lavoratore in caso di malattia, infortunio, ferie o permessi al fine di mantenere efficiente e senza interruzione la produttività, senza perdite di tempo per la programmazione. 
La disoccupazione tecnologica (Giovanni Mazzetti)

Con questo sistema viene debellato totalmente il lavoro nero e, nel contempo viene rispettato in pieno l'articolo 1 della nostra Costituzione.

Ovviamente la convenienza, anche se può sembrare paradossale, è evidente sotto tutti i punti di vista, se si considera la enorme spesa degli ammortizzatori sociali, casse integrazioni e assegni vitalizi agli invalidi o altre forme assistenziali.

Inoltre, vengono eliminati i super stipendi da capogiro ai dirigenti che, in un certo senso fanno “scandalo“, infatti, la loro opera professionale, pur apprezzabile, nell’ambito dell’Istituto non deve essere superiore a 50.000 euro annui, se questo non sta bene, hanno tutto il diritto di uscirne fuori e di mettersi in proprio e, in questo caso possono guadagnare tutto quello che vogliono.

Per quanto riguarda invece le figure rappresentative della politica, è ovvio che le stesse non devono superare il tetto massimo stabilito nell’ambito dell’Istituto, per ovvie ragioni di equità.

Invece gli attori professionisti, gli sportivi professionisti e i rappresentanti di commercio, non potendo essere inseriti nell’ambito dei compiti lavorativi dell’Istituto, dovranno essere considerati imprenditori, previo rilascio autorizzazione e certificazione da parte dell’Istituto.

Un’altro risvolto positivo è anche che lo Stato, per quanto riguarda le opere pubbliche, può avere a disposizione tutto il personale che vuole senza dover incorrere in costose gare d’appalto e altri risvolti negativi che gli stessi appalti comportano.

Se è vero quello che si dice che: “il lavoro nobilita l’uomo”, è anche vero che affinché questo criterio abbia una parvenza di nobiltà, la proposta di un Istituto del Lavoro è l’unica strada percorribile anche per stabilire il sano principio della pari opportunità.

L’Istituto del Lavoro, a sua volta, deve garantire la massima efficienza di intervento preparando bene ed adeguatamente il personale per qualsiasi attività lavorativa, ma deve essere anche chiarito da subito che non ci potranno essere escamotage o raggiramenti a questo sistema, come non ci potranno essere mancati rendimenti e, se questo dovesse avvenire, eventuali “fannulloni” - “lavativi” - “furbetti”, verranno immediatamente invitati a lasciare l’Istituto e mettersi in proprio.

Le aziende estere che vorranno investire in Italia, dovranno necessariamente utilizzare la manodopera qualificata italiana: sarà consentito loro di portare tecnici solo per un brevissimo periodo, il tempo necessario per impostare la produzione.

Inoltre, per tutelare sia il lavoro che la produzione in Italia, dovrà essere ripristinato il pagamento del dazio alle frontiere in modo, che tutti i prodotti provenienti dall’estero dovranno essere portati agli stessi livelli di costo della produzione italiana in modo da permettere al consumatore di poter scegliere detto prodotto non in base alla convenienza di prezzo ma in base alla qualità garantita e verificabile; in questo caso verranno eliminate anche le furberie di alcune aziende italiane.

Una cosa importante da tenere presente è che, la funzione dei sindacati in questo ambito è molto importante che, comunque non perderanno il loro potere contrattuale, ma continueranno a vigilare sul buon andamento dell'Istituto al fine di evitare incresciose discriminazioni o stati di mobbing, le quali bisogna, ovviamente, sempre metterle in conto.

Ovviamente anche le pensioni vanno garantite con lo stesso principio e che, per averne diritto è sufficiente, oltre che il periodo lavorativo anche l’età che, contrariamente a quanto stabilito non deve superare il 65° anno di età tenendo conto ovviamente dei lavori usuranti.

Qualcuno potrebbe dire ironicamente che, in questo caso siamo tutti statali, ma la risposta è anche ovvia: noi tutti cittadini “siamo lo stato” e quindi tutti dobbiamo contribuire alla produttività in modo equo e senza discriminazioni, nella stessa maniera con cui si contribuisce per pagare le tasse.

Il lavoro, come il pagamento delle tasse, è un diritto ed un dovere di tutti.

Martini Giuliano