martedì 28 ottobre 2014

L'accusa

Quello che interessa sottolineare è sostanzialmente quello di dare degli elementi di fondo del come si è costruito il debito pubblico italiano. Ovviamente il tema del debito apre molti altri temi, apre il tema di come stare in Europa, apre il tema della politica fiscale come del resto apre un discorso della sovranità monetaria. Tutti temi che verranno solo sfiorati in questo articolo, per ovvi motivi di dimensione e non mettere troppa carne sul fuoco.

Ci si limita esclusivamente di come si è formato il debito e le conseguenze sociali con l’aiuto delle seguenti slide.


Dobbiamo cercare di fissare un punto nella storia altrimenti ci si perde. Il punto storico preso in considerazione è il 1980, anche perchè da un punto di vista della funzione della banca d’Italia e del suo divorzio dallo Stato Italiano è uno spartiacque quindi è più che doveroso partire dal 1980. Nel 1980 l’Italia aveva un debito pubblico attestato su 114 miliardi di €, nel 2012 il debito italiano era di 2.022 miliardi di € con un aumento di circa 20 volte. Nel grafico si può notare l’evoluzione del debito attraverso gli anni nella quale è possibile vedere due zone distinte, un area che arriva fino al 1992 ed un altra parte invece fino al 2.012. I due periodi vanno distinti perché c’è un cambiamento di fondo soprattutto nella politica della spesa. La formazione della spesa nei due periodi, benché abbiamno molte cose in comune, però dal 1992 in poi c’è un aspetto che rompe totalmente con il periodo precedente. Gli anni in cui si è avuto un aumento vertiginoso del debito pubblico dal 1980al 1982 con un aumento di circa del 140% qualcosa come un 53% all’anno. Dal 1992 in poi il debito continua a crescere ma ad un ritmo molto più basso. 

Cosa è successo dal 1980 al 1992.


Partiamo dai 114 miliardi di partenza, poi vediamo due blocchi; il primo blocco definito disavanzo primario che rappresenta tutto un ammonatare di spese per servizi ed investimenti che andava oltre la raccolta fiscale. Quindi se è vero che lo Stato faceva, buona o cattiva che fosse, per il Paese, la spesa superava il gettito fiscale contribuendo alla crescita de debito. Il secondo blocco rappresenta gli interessi sul debito che hanno una rilevanza preponderante. La caratteristica di questo tempo è determinato che lo Stato spendeva per servizi ed investimenti più di quanto non incassava, cioè questo è il periodo in cui si realizzava effettivamente l’accusa della Merkel. La Merkel continua a dire che l’Italia è indebitata perché spendiamo oltre le nostre possibilità. Da un punto di vista storico l’unico periodo in cui l’Itaia ha speso oltre la sua possibilità, spese al servizio del Paese, è stato appunto questo dodicennio per 140 miliardi, nemmeno una cifra così esagerata. Mentre gli interessi sono stati praticamente 5 volte tanto.



Dal 1992 in poi si sono aumentate le tasse, sino abbassate le spese in modo da ottenere un avanzo crescente da poter destinare agli interessi, ma nonostante tutto questo l’Italia non c’è l’ha fatta. E’ successo anno per anno quello che è successo nel 2012. Nel grafico sono rappresentanti due rettangoli, con i relativi dati numerici, quello di sinistra le entrate fiscali, quello di destra le spese . Vediamo che nel 2012 le entrate sono state di 753 miliardi, ma se andiamo a vedere nell’altro rettangolo ci si rende conto che la parte di entrate che il Paese ha effettivamente speso per servizi, investimenti ed il funzionamento della pubblica amministrazione questa cifra si è fermata a 714 miliardi, cioè l’Italia ha speso meno di quanto ha incassato per ben 39 miliardi. Che fine hanno fatto questi 39 miliardi? 39 miliardi in parte sono stati utilizzaTI per pagare gli interessi. Complessivamente nel 2012 gli interessi sono ammontati a 87 miliardi, i 39 miliardi non sono stati sufficienti per pagare tutti gli interessi maturati in quell’anno, ne sono rimasti fuori 48 che rappresentano nuovo indebitamento per lo Stato Italiano.



Questo spiega perché l’Italia si è infilata a non riuscire a pagare gli interessi anno per anno nel meccanismo infernale per cui gli interessi aumentano il debito. Ciò comporta che se non riesce a pagare l’interesse (questo vale non solo per gli Stati, ma vale per le famiglie, per le aziende) presentandoti al creditore, il creditore continuerà agli ineressi che non paghi come nuovo debito, aumentando il capitale in cui si ricalcolano gli interessi per l’anno successivo, quindi ogni volta che gli interessi non si riescono a non pagare fanno aumentare il capitale su cui si ricalcolano gli interessi creando una rincorsa continua fra aumento del capitale e aumento degli interessi. Questo processo si chiama ANATOCISMO. 



Questo è un grafico che evidenzia di quello che è accaduto in questo ventennio. Si notano tre linee; una linea blu che rappresenta l’entrate, la linea nera le spese primarie (spese per i cttadini ed il funzionamento della macchina pubblica), la linea rossa le uscite totali che comprendono anche gli interessi. Dal 1992 in poi c’è una biforcazione costante fra le entrate e la spesa primaria. La spesa primaria è costantemente più bassa rispetto alle entrate, ma la spesa complessiva la supera sempre.



Per avere un riepilogo dal 1992 ad oggi si nots come questo debito di partenza di 850 miliardi con gli interessi complessivi sono stati di 1.643 miliardi, una parte sono stati coperti dall’avanzo primario (risparmio sulle spese) di 672 miliardi, ne sono comunque rimasti fuori 97 miliardi, che naturalmente hanno contribuito a far crescere il capitale. A questo si aggiunge un altro blocco di circa 200 miliardi di cui è difficile dire che cosa c’è dentro, sembra quasi che sia un debito fuori bilancio, per esempio si pensi ai 90 miliardi di debito all’imprese italiani che lo Stato Italiano a verso di loro che improvvisamente sono saltati fuori.


Nel riassunto scritturale dobbiamo avere ben presente il peso degli interessi sul debito pubblico italiano.



La domanda che ci si pone è perché il Paese non è riuscito a reggere il passo con gli minteressi, dal momento che il debito è formato dal 90% dagli interessi. Nella slide ci sono rappresentate varie ragioni di questa debacle.



Gli interessi hanno avuto, come si vede, questo andamento altalenante. Sicuramente negli anni ‘80, un periodo in cui il nostro Paese aveva degli interessi da usura, viaggiando su tassi d’interesse fra i 14 e il 25%. Ovviamente se uno Stato deve pagare degli interessi così alti è palesemente uno Stato destinato all’impoverimento fisiologico. I tassi alti sono durati grosso modo fino al 1996, con una discesa costante all’ingresso dell’Italia all’UE, per poi rialzarsi, nel 2011, al 6% quando c’è stato l’attacco speculativo nell’estate di quell’anno. Gli interessi, pertanto, hanno avuto un ruolo fondamentale nella crescita del debito italiano.



Andiamo sul lato dell’entrate, notiamo che da vent’anni a questa parte si sta facendo un tentativo costante per avvantaggiare i ricchi a discapito dei poveri, un disegno chiaro, lampante. Lo vediamo soprattutto se analizziamo l’IRPEF, che è una delle voci delle entrate dello Stato (imposta sulle persone fisiche). Nel 1974, quando l’imposta viene istituita, parte con 32 scaglioni (in ogni passaggio di reddito si aumenta l’aliquota fiscale in perfetta armonia con l’articolo costituzionale 53 “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”) quanto più la tassa vuole essere giusta, tanti più scaglioni devi inserire per tener conto delle condizioni di reddito reale del contribuente e delle famiglie, un impostazione che si ispirava molto alla logica dell’equità, per cercare di ricavare soldi soprattutto dai redditi alti, infatti nell’ultimo scaglione eravamo ad una soglia del 72%.Gradatamente i scaglioni si sono ridotti a 5, con il primo che parte dai 15.000 € con una percentuale del 23%, con l’ultimo cha va oltre i 75.00 €, praticamente ⅓ previsto nel 1974, che non supera il 43%. E’ chiaro come il giorno che c’è stata una strategia per avvantaggiare le classi richhe. Andando avanti chi è che paga l’IRPEF e la sua composizione, con dati riferiti al 2012; il 53% del gettito arriva dal reddito dipendente, il 27% arriva dalle pensioni, le altre forme di gettito rappresentano solo il 20%


Analizzando delle entrate sappiamo che una grandissima piaga che abbiamo in Italia è quella dell’evasione fiscale, con una stima di 180 miliardi di € 24% dell’intero gettito fiscale. Si tenga conto che in Italia non esiste un dato ufficiale sulla composizione dell’evasione fiscale, ma solo ricerche private e il quadro che viene fuori: la parte principale dell’evasione è rappresentato dall’economia criminale, con la seconda rappresentata dal ricorso dei paradisi fiscali. Sfatiamo un mito, quando pensiamo all’evasione pensiamo sempre al macellaio che non ci da lo scontrino, ma questa in realtà è un inezia siamo al 5%, invece gli altri dati n on vengono messi sotto la lente che vengono addirittura facilitati dal potere politico. Il tema dell’economia sommersa che è appunto contribuisce con il 19%. Un altra parte importante è la violazione da parte delle società di capitali, cioè tutti imeccanismi che usano grazie ai commercialisti per cercare di evitare il pagamento delle tasse, magari anche in maniera legale, entrando tra le maglie delle leggi stesse, la così detta elusione fiscale. Si tenga presente che 180 miliardi sono una cifra importante a fronte degli interessi che l’Italia deve pagare. 

Andando invece dall’altro lato, che è quello della spesa, si nota un grande colabrodo del bilancio pubblico italiano, non soltantop per inefficienze, ma anche per ruberie che precisamente non sappiamo, nella slide è rappresentato una stima che ha fatto la Corte die Conti. La corruzione pesa per una cifra di 50/60 miliardi di € all’anno, una cifra notevole che ci mostra la collusione della politica con il mondo degli affari. Poi abbiamo tuto il grande capitolo degli sprechi e delle spese inutili derivate soprattutto dalle scelte politiche, parlando di armi ad esempio qualche politico dice che gli F-35 servono, mentre il popolo dice che non servono, così pure le grandi opere, il popolo dice che non servono, loro dicono che servono.

Queste sono altre fonti di dispersione, naturalmente sono a vantaggio delle banche e delle imprese, un capitolo molto grosso soprattutto per glialtri Paesi europei, la Germania per esempio dal 2006 al 2012 ha visto aumentare il proprio debito pubblico di circa 20 punti sul rapporto interno lordo esclusivamente per salvare le proprie banche inguaiate per aver fatto tutta una serie di operazioni azzardate. In Italia la cifra è rimasta abbastanza contenuta, l’ultima operazione è stata quella della banca MPS, lo Stato ha impegnato qualcosa come 4 miliardi di €, non si sa ancora se a titolo di prestito se a titolodi fondo perduto o si trasformerà in azionariato. Sappiamo, inoltre, per certo che prima l’Italia aveva già speso 3/4 miliardi di € per salvare altre banche che avevano problemi. Può dardi che questa somma sia destinata a salire per l’inizio dell’unione bancaria, la BCE ha detto che sarà molto più rigorosa nei controlli e già si comincia a dire se qualche banca si trova in difficoltà che gli Stati si facciano trovare pronti a soccorrere per bilanciare i loro conti. Una storia recente che lo Stato italiano, nonostante tutte le sue difficoltà, in fin di conti gioca d’azzardo su gli interessi, ha stipulato contratti derivati con varie banche internazionali, si vocifera che per cercare di assicurarsi che i tassi d’interesse non salgono, ma come è noto si tratta di vere e proprie scommesse, per cui si può anche perdere, ed ultimamente lo Stato italiano ha perso sonoramente, di sicuro ha perso 3 miliardi nel 2012, ma probabilmente altre perdite ci saranno. Grande buco nero, non è dato sapere neanche alla Corte dei Conti tutte le operazioni in essere. Altra fonte di dispersione c’è anche la partecipazione ai fondi di salvataggio europeo, l’Italia tra il salvataggio alla Grecia e partecipazione ai fondi collettivi tipo l’ESM, un meccanismo europeo per soccorrere i Stati indebitati utilizzando una somma come 80 miliardi di € negli ultimi 3 anni.

La slide è un tentativo personale, ma se volessimo dire il debito pubblico da cosa è formato? Un buon 50% lo possiamo attribuire all’ANATOCISMO, cioè interessi su interessi che rappresentano la totalità del debito. Inoltre possiamo dire che un buon 30% il debito deriva da evasione e priviliegi fiscali, 18% è dato da corruzione e malspesa e 2% di altre cialtronerie: stipule di contratti, accordi bancari sui derivati.
Nel 2013 il debito pubblico itaiano ammontava a 2075 miliardi.

Qual’è il volto dei nostri creditori? Nel cerchio ci sono compresi soltanto creditori che hanno acquistato titoli del debito pubblico italiano, in quanto c’è un altra parte che raggiunge il 16% pur rimanendo esclusa. Concentrando solo l’attenzione sui detentori di titoli delo Stato italiano ci si rende conto che un 40% sono di soggetti esteri, ricordandoci che fra questi soggetti esteri c’è un ben 10% di così detti italiani estero vestiti, cioè sono risparmaiatori italiani che hanno preferito acquistare titoli di Stato italiani non direttamente, ma attraverso entità estere per chiare finalità di carattere fiscale. Si ha come grande voce le banche italiane 24%, crescendo notevolmente in questi ultimi anni prprpio perché le banche italiane ricevevano soldi e finanziamenti dalla BCE che poi utilizzavano per acquistare titoli del tesoro. Una terza voce rappresenta le assicurazioni del 20%, poi abbiamo le famiglie che detengono il 10% del debito pubblico, con infine la Banca d’Italia che detiene il 6%.

Quanto ci costa? Nel 2012 il debito pubblico ci è costato 86 miliardi di €. Si dice che nei prossimi anni questa somma sarà destinata a salire sopra i 90 miliardi, perché intanto il nostro Paese si è indebitato ulteriolmente , siamo poi tutti dipendenti da quello che decidono i mercati.



Quello che dobbiamo assolutamente avere chiaro che gli interessi aggravano sensibilmente le disuguaglianze contribuendo all’impoverimento degli italiani, perché sono soldi di tutti che invece di essere utilizzati per garantire servizi, soprattutto ai più deboli, vengono utilizzati per concentrarli nelle tasche dei più ricchi, in quanto sono i più ricchi che hanno soldi per comprare i buoni del tesoro. 

Quindi questo a due conseguenze:
Povertà che ha due grossi filoni, povertà assoluta che è la povertà di chi non riesce a soddisfare neanche i bisogni fondamentali che raggiunge una grossa cifra di 5 milioni, l’8% della popolazione italiana. Aggiungendo un altra parte dei poveri relativi che rappresentano un altro 5 milioni e sono coloro che hanno dei consumi che sta al di sotto del 50% della media nazionale. Riassumendo abbiamo una popolazione in condizione di povertà che arriva al 16%. Poi abbiamo un’altra fetta di persone che sono a rischio di povertà, 10 milioni. Sono persone che hanno redditi così bassi, un lavoro così precario per cui basta un imprevisto qualsiasi per andare sott’acqua. E’ sufficiente un dente che si caria e andare dal dentista si è nei guai. Complessivamente la povertà in Italia comincia a colpire 1 persona su 3, una cifra molto grande che rappresenta un 30% della popolazione.

Questo diagramma rappresenta gli effetti della distribuzione della ricchezza. Si sta parlando del patrimonio e dunque della ricchezza accumulata sotto forma di palazzi, sotto forma di risparmi e si nota chiaramente che il 10% delle familgie più ricche detiene da sole il 50% di tutto il patrimonio privato italiano. Il 50% più povero deve accontentarsi del 10%, un indice veramente scandaloso dell’uguaglianza in Italia.